Assunzione donna incinta? Si può anche tacere prima del contratto

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Se in fase di stipula del contratto, se al momento dell’assunzione, una donna tace sulla propria gravidanza al fine di stipulare un contratto e poi è licenziata quando la notizia viene a galla, il licenziamento è nullo. Lo ha spiegato in una sentenza la Corte di Cassazione. 

Le donne hanno molte difficoltà in termini lavorativi: hanno salari inferiori a quelli degli uomini e non occupano posizioni di rilievo. Benché i bambini non siano in generale un problema e benché riescano a fornire alla mamma una forza nuova, la gravidanza è percepita dai datori di lavoro come un giustificato motivo di licenziamento, come un impedimento alla carriera. Non stupisce in questo panorama il desiderio che alcune aziende hanno di controllare le nascite e conoscere la fertilità di una donna.

Come può reagire una donna a tutto questo? Tacendo in fase di stipula del contratto su una gravidanza già in essere. Tacendo sul suo trascorso di madre e sui progetti familiari. Secondo i giudici della Cassazione si tratta di un atteggiamento lecito che può anche rendere nullo un licenziamento.

La sentenza 13692 del 2015, che riguardava il licenziamento per giusta causa della dipendente che non aveva informato il datore di lavoro della propria maternità al momento della stipula del contratto a tempo determinato, ha spiegato che in fase di assunzione una donna può tacere sulla gravidanza e se “scoperta” non può essere licenziata per il fatto di essere incinta.

Questo non vuol dire che le donne incinte non possono mai essere licenziate ma vuol dire che non esiste un obbligo d’informazione da parte della lavoratrice nei riguardi del datore di lavoro, al fine di garantire parità di trattamento così come previsto dalle norme comunitarie.

Photo Credits | baranq / Shutterstock.com

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