10 donne famose senza figli raccontano perché

Gambit - World Film Premiere

Donne famose e senza figli: ce ne sono tantissime nel mondo, a dimostrazione che non sempre una agiata condizione economica porta come conseguenza logica a famiglie super numerose. Vediamo quali sono le star che, per scelta o per caso, hanno deciso di vivere senza pargoletti al seguito.

Weapon of choise, il progetto del fotografo Richard Johnson contro la violenza verbale

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La violenza verbale è invisibile: non lascia segni e può far male quanto un pugno. Per questo il fotografo americano Richard Johnson ha deciso di rappresentare il dolore che può essere generato da alcune parole, raccogliendo tutti gli scatti nel progetto Weapon of choice ovvero L’arma della scelta.

Per la realizzazione del progetto, Johnson ha chiesto ai protagonisti – bambini e genitori – di scegliere, da una lista, le parole che provocavano maggiore sofferenza e che avevano forte impatto emotivo sulle loro vite. I make up artist hanno così provato a  ricreare quelle offese sulla loro pelle, attraverso disegni di ferite,  ustioni e contusioni.

Gli organizzatori si sono ritenuti soddisfatti del lavoro di Johnson, aggiungendo di aver dato vita a tale iniziativa per aumentare la consapevolezza dei problemi legati alla violenza verbale , ma anche verso quella fisica che molto spesso è generata dalla prima.

Alcune foto del progetto Weapon of chiose di Richard Johnson contro la violenza verbale

Abbiamo scelto il nome Weapon of Choice perché anche usare le parole che fanno male è una scelta. E mentre ascoltavamo le storie dei partecipanti, abbiamo scoperto che molto spesso, all’abuso verbale, segue quello fisico. Le parole violente sono solo una delle armi a disposizione nell’arsenale di chi aggredisce, ha commentato il fotografo americano.

Weapon of Choice

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Foto | impactforwomen.org.au

Invader, lo street artist parigino famoso in tutto il mondo

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Space Invader è stato uno dei videogiochi più influenti degli ultimi trent’anni. Prodotto nel 1978, è diventato presto un videogame cult. E’ così che Invader, street artist parigino tra i più riconosciuti al mondo, si è ispirato ai vari alieni del gioco trasformandoli in opere d’arte.

L’artista urbano – di cui non si conosce l’aspetto –  incolla i personaggi alieni negli angoli delle città, realizzando il soggetto con piastrelle colorate che dispone a mosaico come dei veri pixel.

Il progetto di Invader nel mondo della street art è iniziato nel 1998 con l’invasione di Parigi, dove risiede l’artista, per proseguire in altre città della Francia. Col tempo le sue creazioni aliene hanno invaso le città di tutto il mondo (Roma, New York, Los Angeles, Londra, Manchester, Ginevra, Praga, Barcellona, Bilbao, Melbourne, Bangkok, Tokyo e Katmandu).

Negli anni, Invader ha coinvolto tanti street-artist all’interno del suo progetto, portando alla nascita di una grande crew di invaders.

Le opere di Invader si sono ispirate, nel tempo, anche ad altri personaggi di videogames di inizio anni Ottanta. Tra i progetti degli ultimi anni, ricordiamo: Rubikcubism, la realizzazione di opere attraverso i cubi di Rubik, e i QR Code, codici incollati sui muri che nascondono un messaggio da decifrare attraverso una semplice fotografia e una applicazione scaricabile dall’app store.

Invader, lo street artist parigino che ha conquistato il mondo. Da Parigi a Bilbao, ecco alcune delle sue opere europee

Durante un viaggio a Parigi ho visto per caso la raffigurazione in pixel della Gioconda. Prima di allora non conoscevo assolutamente Invader,  l’autore di quell’opera d’ arte. Sì, perché è di questo che parliamo: Arte.  Per fortuna un amico, appassionato di street art che era lì presente, mi ha aperto gli occhi su questo artista parigino – che non ha nulla da invidiare al collega inglese Bansky – portandomi così a ricercare notizie sulla sua vita, sul movimento che si è creato intorno a lui e sulla bellezza delle sue opere che continueranno ad invadere le città di tutto il mondo.

Foto | Street art London, Invader wikipedia, Paolo Palmeri

Invader – Parigi

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Invader – Londra

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Invader – Bilbao

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La Gioconda,  Invader – Parigi

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Gli ex e i messaggi subliminali: fermiamoli!

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Gli ex, ovvero quella categoria che tutte vorremmo evitare. Soprattutto quando ci hanno lasciato e oggi, a distanza di mesi nei quali noi abbiamo sofferto le pene dell’inferno per uscire da quel tunnel lunghissimo nel quale ci hanno infilato, ci incontrano e così, come niente fosse, ci salutano affettuosamente manco fossimo le loro migliori amiche. O peggio ancora, ci scrivono lunghi messaggi di quelli che ci lasciano basite intente a chiederci quale peccato mai siamo costrette a espiare.

Booty, la nuova canzone di Jennifer Lopez con Iggy Azalea

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Da qualche giorno è uscito il video Booty, nuovo singolo di Jennifer Lopez nella versione remix con Iggy Azalea (quella originale, contenuta nell’album A.K.A., vede la partecipazione di Pitbull).

Il video è un tripudio di big booty, che fanno quasi dimenticare il discusso Anaconda della sobria Nicki Minaj. Booty merita per questo ogni elogio e tributo, nonostante gli evidenti ritocchi di photoshop.

Nessuna buona parola, invece, può essere spesa sulla canzone. Un beat e un ritornello che mortificano la grandezza, la voce e l’immagine delle cantanti. Jennifer Lopez è una grande artista che colleziona successi da decenni. Normale avere una battuta d’arresto durante una così lunga ed intensa carriera.

Lo stupore, tutto il mio stupore, è per Iggy Azalea, una delle cantanti più interessanti degli ultimi anni. “Iggy all you can eat” è ormai sopra ogni beat, pronta a reppare per qualsiasi remix senza alcun criterio di distinzione.  Negli ultimi mesi, l’Azalea ha cercato di attirare l’attenzione con colpi di booty, diventando una sorta di Pitbull 2.0 (anche il pezzo con Rita Ora è stato un po’ azzardato).

Un bel periodo di pausa potrebbe aiutarla a ritrovare la retta via e il criterio con cui selezionare i featuring proposti.

Il video Booty di Jennifer Lopez feat. Iggy Azalea

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=nxtIRArhVD4]

 

Milano Moda Donna, il boho-chic di Alberta Ferretti p/e 2015

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Si è da poco conclusa la settimana della moda di Milano, ma ancora si parla delle fantastiche collezioni scese in passerella in quei giorni. Tra i fashion designer che hanno calcato la runway in quei giorni c’è anche Alberta Ferretti, un talento del Made In Italy.

Emma Watson, il discorso sul femminismo tenuto all’ONU

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Tutti parlano del discorso che Emma Watson ha tenuto all’ONU per il lancio della campagna He for She, progetto contro le discriminazioni di ogni genere. L’attrice, che solo pochi mesi fa era stata nominata goodwill ambassodor, ha tenuto un discorso appassionato dove invitava gli uomini a fermare l’ineguaglianza tra i sessi, con molti riferimenti alla sua vita privata e professionale.

Dopo la recente laurea in Letteratura Inglese presso la Brown University, una nuova nota di merito si aggiunge alla lunga lista della Watson, un vero e proprio modello per i giovani.

Quando avevo 8 anni, ero confusa dal fatto che mi definissero una prepotente perché volevo dirigere la recita per i nostri genitori: ma ai maschi non succedeva. Quando avevo 14 anni ho cominciato a essere trattata come un oggetto sessuale da alcuni media. Quando avevo 15 anni le mie amiche hanno cominciato a lasciare le squadre degli sport che amavano perché non volevano diventare muscolose. Quando avevo 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti. Ho deciso di diventare femminista e la cosa non mi sembrava complicata. Ma le mie ricerche più recenti mi hanno fatto scoprire che “femminismo” è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare sono considerata una di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive contro gli uomini, persino non attraenti. Perché questa parola è diventata così scomoda?

Foto| tressugar.com

Il discorso integrale di Emma Watson all’ONU (sub ita)

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=kk7Rmz32OQM]

Henri Cartier-Bresson, la mostra retrospettiva del Centre Pompidou di Parigi arriva a Roma

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Lo scorso 25 settembre si è tenuta a Roma l’anteprima stampa della mostra retrospettiva Henri Cartier-Bresson, curata da Clément Chéroux (storico della fotografia e curatore del Centre Pompidou, Musée national d’art moderne) che sarà esposta presso il Museo dell’Ara Pacis dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015.

La grande esposizione, promossa da Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, viene presentata a dieci anni esatti dalla morte di Henri Cartier-Bresson (1908 – 2004).

Come ha spiegato lo stesso Chéroux durante la conferenza stampa, l’ esposizione vuole essere una mostra retrospettiva su uno dei maggiori artisti del XX secolo, nonché uno dei più preziosi testimoni, tanto da essere giustamente soprannominato l’occhio del secolo.

Tutto questo è dipeso da diverse caratteristiche del fotografo francese: il genio della composizione, la straordinaria intuizione visiva e la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci e significativi. Lungo tutta la sua carriera, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della Storia, Cartier-Bresson è riuscito sempre a unire la poesia alla potenza della testimonianza. Dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla seconda Guerra Mondiale e alla decolonizzazione, Cartier-Bresson è stato uno dei grandi testimoni della nostra Storia.

Come sottolineato più volte dallo storico Chéroux, è la prima volta che viene presentata una mostra su Cartier-Bresson adottando un nuovo criterio metodologico: quello cronologico. Finora si era sempre fatto affidamento su una distribuzione “geografica” delle stampe di Bresson; nell’esposizione curata da Chéroux si è cercato, invece, di dar risalto alla cronologia – quindi alla Storia- che, scatto dopo scatto, influenzava l’artista. Tutto questo è servito a mettere in luce la frammentarietà armonica che ha contraddistinto il suo percorso artistico, che fino ad oggi non riusciva ad emergere nelle esposizioni a lui dedicate.

I tre macro periodi, esposti secondo l’ordine cronologico, sono:

1. dal 1926 al 1935, nel quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti, compie i primi passi nella fotografia (la sua prima passione è stata il disegno) e intraprende i primi viaggi;

2. dal 1936 al 1946, è quello dell’ impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e dell’esperienza del cinema (realizzerà un film sulla Guerra in Spagna e altre pellicole come assistente regista di Jean Renoir);

3.  dal 1947 al 1970, che va dalla creazione della prestigiosa agenzia Magnum Photos fino al suo abbandono del reportage, dove tornerà a coltivare la passione per il disegno (significativi i numerosi autoritratti).

La mostra propone, quindi, una nuova lettura dell’immenso corpus di immagini che Cartier- Bresson ci ha lasciato. Sono esposte oltre 500 opere tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo così le più importanti icone ma anche le immagini meno note del maestro.

L’occhio del Secolo, 4 percorsi per visitare la mostra di Cartier-Bresson a Roma

Il percorso della mostra prevede anche 4 tipologie diverse di visita guidata, 4 percorsi storico-iconografici per comprendere i diversi aspetti dell’opera di Cartier-Bresson.

1. Venerdì 24 Ottobre ore 19.00 “ La fotografia come racconto del quotidiano”;

2. Venerdì 7 Novembre ore 19.00 “La fotografia di guerra”;

3. Venerdì 21 Novembre ore 19.00 “ La fotografia e il ritratto”;

4. Venerdì 12 Dicembre ore 19.00 “La fotografia e il viaggio”.

Per ulteriori info su Orari e Biglietteria, potete visitare il sito Arapacis.

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Foto | Magnum Photos-Courtesy Fondation