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Fu Yuanhui e le mestruazioni alle Olimpiadi

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L’argomento mestruazioni è ancora largamente tabù in molte parti del mondo e anche dove apparentemente non lo è rimane comunque un argomento che attiene alla sfera personale, anche se di recente sempre più spesso salta agli onori della cronaca.

Ora si è trattato di un’artista che rifiuta l’imposizione sociale di nascondere un fenomeno del tutto naturale pubblicando su Instagram foto esplicite, ora della discussione a proposito dell’abolizione delle tasse sugli assorbenti. Più di recente a riportare l’argomento in primo piano è stata l’atleta Fu Yuanhui, bronzo nei 100 metri in stile dorso.

La nuotatrice cinese è apparsa piegata in due dal dolore dopo la staffetta 4×100 con le sue compagne di squadra. Non per la medaglia sfiorata, si sono infatti classificate quarte, ma per i dolori mestruali. Allo Shanghaiist che l’ha intervistata dopo la gara ha detto che la delusione non c’entrava, la colpa era del ciclo mestruale che era arrivato inaspettatamente la notte precedente.

“Ma non è una scusa – si è affrettata ad aggiungere l’atleta – è solo che non ho nuotato bene come avrei dovuto.”

Nel mondo dello sport le mestruazioni sono vissute spesso come un impiccio a cui non bisogna permettere in nessun caso di influenzare la prestazione, men che meno una gara. La grande pressione a cui le donne sono sottoposte per essere all’altezza della situazione, quale che sia la situazione, le induce spesso a minimizzare o nascondere aspetti del proprio essere che sono del tutto normali e dovrebbero essere accettabili e accettati.

Fu Yuanhui ha scelto di essere onesta e di parlare apertamente del ciclo mestruale, un gesto che alle Olimpiadi, immensa cassa di risonanza mediatica, può avere un significato maggiore di quanto l’atleta non avesse immaginato rispondendo ad un’intervista. Eppure non ha potuto esimersi dall’aggiungere che in verità lo stato fisico dipendente dal ciclo non ha condizionato la prestazione sportiva. E se anche fosse?

Il burkini limita la libertà o è una questione di igiene?

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Il burkini è un costume che – com’è facile intuire – va a coprire il corpo per intero. Lo usano le donne musulmane che aspirano all’integrazione nei luoghi pubblici ma non vogliono andare contro la loro religione. Peccato che sia un costume che a Cannes è vietato per legge. Si discute allora del fatto che possa essere una questione di libertà. 

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La moda cambia il mondo, un abito contro l’omofobia

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La battaglia contro l’omofobia continua anche se con alterni successi in varie parti del mondo e per sensibilizzare l’opinione pubblica è scesa in campo anche la moda: una modella transessuale ha indossato un abito composto da tutte le bandiere in cui l’omofobia è ancora una realtà radicata.

Ad occuparsi dell’evento è stata COC, un’organizzazione olandese che si batte per i diritti della comunità LGBTQ. L’abito è stato realizzato utilizzando le bandiere di tutti i paesi nei quali le persone vengono stigmatizzate o addirittura condannate per il proprio orientamento sessuale. L’idea del progetto è mostrare come la moda, con la sua immensa potenza espressiva e simbolica, possa contribuire a cambiare il mondo lanciando un messaggio forte.

La modella scelta per lanciare il messaggio è Valentijn De Hingh mentre l’abito è stato creato dallo stilista Mattijs van Bergen insieme all’artista Oeri van Woezik che hanno scelto la linea di un sontuoso vestito da sera. È composto dalle bandiere dei 72 paesi che ostacolano la libera espressione della propria sessualità e nei quali l’omosessualità è ritenuta contraria alla legge.

Resta un fatto che la piena accettazione sociale è ancora lontana a realizzarsi anche in paesi nei quali non esiste una legge apertamente contraria ma si solleva spesso biasimo, più o meno velato, quando non addirittura disprezzo o violenza. È una questione che tutti dobbiamo affrontare a partire dal mondo in cui viviamo, sia esso anche il “civilissimo” Occidente. Ecco perché il progetto lanciato in Olanda è quanto mai attuale anche per ciascuno di noi.

L’abito è stato fotografato da Pieter Henket che ha scelto il Rijksmuseum e lo sfondo di un celebre quadro di Rembrandt, Ronda di notte. L’immagine è stata pubblicata su Instagram in occasione dell’ EuroPride 2016 che ha avuto luogo proprio ad Amsterdam nei giorni scorsi.

Il team che ha creato il progetto ha annunciato di voler sostituire con una bandiera arcobaleno ogni bandiera dei paesi che via via garantiranno i diritti delle comunità LGBTQ. L’obiettivo è trasformare il vestito in un immenso arcobaleno. La strada è lunga ma il primo passo è compiuto.

Photo | Instagram

modella curvy

La modella curvy dimagrisce, i fan la prendono male

modella curvy

È stata considerata a lungo la modella curvy più celebre ed è apparsa su numerose copertine e in svariati servizi fotografici. Torna sulle scene nell’occhio del ciclone per via del suo presunto dimagrimento. Proprio così: la modella plus size Ashley Graham potrebbe aver perso peso e i suoi fan si sono infuriati.

Finora la famosa modella aveva dovuto difendersi da chi la accusava di essere sovrappeso, contraddicendo con forza l’associazione di un corpo morbido con l’idea della salute in contrasto con l’altra ovvietà che vuole far corrispondere un corpo troppo magro ad un’idea di bellezza malsana. Come sempre gli eccessi non sono positivi, in un senso o nell’altro, e l’argomento d’altronde è sempre stato molto caldo e scalda gli animi.

Il punto spesso sta nel modo in cui il corpo delle donne, a prescindere dalla taglia, viene comunicato e trasmesso, creando un ideale di bellezza univoco a cui ci si sente di dover aderire. Ashley ha sempre smentito tutto questo affermando di sentirsi bene nel suo corpo e di non volersi sottomettere a chiunque volesse cambiarlo.

È per questo che i suoi sostenitori sono insorti quando la modella si è mostrata sui social più magra del solito. Lo scatto incriminato è stato pubblicato sull’account Instagram della stessa Graham suscitando parecchi commenti, molti dei quali negativi.

Qualcuno ha minacciato di smettere di seguirla, altri l’hanno addirittura accusata di tradimento, c’è stato chi l’ha additata come simbolo di una missione che non ha più valore e chi ha affermato che tutti desiderano essere magri ma non osano dirlo finché non lo diventano.

Commenti spesso pesanti, espressi con toni poco civili, come spesso accade quando ci si maschera dietro un nick e ci si sente in diritto di sparare a zero su chiunque, specialmente sui personaggi celebri più esposti di altri. La modella ha riposto per le rime, spiegando che non è dimagrita, è solo la posa che crea un effetto ottico che la fa apparire più magra:

“I miei follower talvolta mi scrivono che dovrei vergognarmi perché sono troppo grassa, altre volte perché sono troppo magra. Quello che conta è che alla fine della giornata io stia bene con me stessa.”

Le polemiche sono continuate comunque e quindi la Graham ha aggiunto su Snapchat:

“Non ammetterò mai che altre persone decidano come deve essere il mio corpo. Nessuno dovrebbe accettarlo.”

Photo | Instagram

#meninhijab, gli uomini mettono il velo sui social

#meninhijab

È l’hashtag del momento per ciò che riguarda il dibattito sulla condizione femminile nei paesi che impongono l’hijab alle donne: si chiama #meninhijab e racconta l’iniziativa di alcuni uomini che hanno deciso di mettere il velo e pubblicare un’immagine sui social accanto a donne che non lo indossano.

Instagram e Twitter sono i social network maggiormente coinvolti nella campagna ideata dalla giornalista iraniana Masih Alinejad che ha lanciato la sfida agli uomini: provare a indossare l’hijab per capire cosa provano le donne ad essere private della loro libertà.

Un gesto simbolico, che certo non farà comprendere appieno a molti uomini il valore della libertà e la condizione subalterna della donna nella società araba. Ma è un importante seppur piccolo passo avanti che riporta all’attenzione del mondo una questione molto cara alle attiviste.

L’iniziativa di Masih Alinejad nasce nel 2009 e non in Iran ma a Londra e New York, dove la giornalista e attivista vive in esilio. La campagna intitolata My Stealthy Freedom, cioè la mia libertà clandestina, approdò su Facebook nel 2014 quando la giornalista chiese alle donne iraniane di pubblicare una foto senza velo. L’hijab in Iran è imposto per leggere alle donne sin dal 1979, con la rivoluzione di Khomeini. Non indossarlo è un reato penale e suscita anche il biasimo sociale.

La campagna aveva riscosso successo, anche alcuni uomini avevano partecipato appoggiando l’iniziativa. È dunque nato e via via cresciuto l’hashtag #meninhijab che coinvolge tutti gli uomini che vogliano sostenere la battaglia ad indossare il velo in foto insieme alle donne della propria vita che non lo portano più: madri, moglie, sorelle, amiche.

Così gli uomini diventano protagonisti e portavoce di un’istanza femminile che vuole dire no alle imposizioni e alle limitazioni alla propria libertà di cui gli uomini non soffrono. Lo scopo è quello di scardinare l’impostazione conservatrice della società iraniana, sfidando le leggi e trovando il supporto degli uomini.

Foto | Twitter e Facebook

100 strati di trucco, il nuovo beauty trend della Rete

100 strati di trucco

Il trucco è affare delicato, basta esagerare un po’ per sbagliare e la mano leggera è quasi sempre la chiave di una buona riuscita, ma andatelo a dire alle ragazze che si sono lasciate trascinare nell’ultima folle sfida della Rete: 100 strati di trucco.

Si tratta di una challenge che dilaga su YouTube, più spesso con il nome 100 layers of make-up, e appare priva di senso come spesso accade con alcuni di questi divertissement online che diventano rapidamente virali e impazzano su tutti i social media. Le vloggers stanno partecipando in massa, ma in cosa consiste?

Si tratta di vedere cosa succede – e non è un gran bel vedere – quando si applicano 100 strati di trucco, anzi di un prodotto specifico: 100 strati di mascara, di eyeliner, di blush, di correttore e così via. I risultati sono tutt’altro che gradevoli, spesso buffi. Di sicuro aggiungono un risvolto autoironico a molti video sul make-up che talvolta tendono a prendersi fin troppo sul serio.

L’idea pare sia nata dal vlog di Simply Nailogical che lo scorso Giugno pubblicò il video 100+ Coats of Nail Polish lanciando una stramba tendenza, quella dello smalto chiamato Polish Mountain per l’eccessiva stratificazione del prodotto che crea unghie più spesse di quanto persino la colata di gel sia mai stata capace di fare. Terrificante, certo, ma subito virale.

Quel video totalizzò quasi 15 milioni di visualizzazioni e diede il via alla challenge di cui parliamo e che ha coinvolto inizialmente solo gli smalti e poi tutti i prodotti del make-up. Abbiamo scelto alcuni dei video a tema più divertenti.

100 strati di illuminante

La vlogger Alissa Ashley ammette: “sembra che le mie guance stiano per rompersi.”

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=il-e8KQRN0E]

100 strati di eyeliner in gel

Da non osare quando state per uscire, sarà un’impresa non da poco struccarsi dopo queste impavida sfida. TheFakeBeautyGuru lo dimostra.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=QlANWIH-JxM]

100 strati di mascara

A mostrare il risultato della challenge usando il mascara è Jeely, il suo video è pieno di ironia.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=Rcp840h0GBU]

100 strati di… tutto

Jenna Marbles ha voluto esagerare portando alle estreme conseguenze la sfida: non un solo prodotto di make-up ma tutti quelli che si usano per un trucco completo. Il risultato è esilarante. Per fortuna a nessuna di noi verrebbe mai in mente di truccarsi così se non per farsi due risate online.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=hsFLMjlgR_o]

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Sesso, 5 cliché superati

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Vi sono cose che una volta venivano ritenute “sconsiderate” a letto che ora hanno perso quel sapore di proibito e sconveniente. Vediamo insieme quali sono i 5 cliché sul sesso superati.