Gli hijab di Dolce e Gabbana

hijab di dolce e gabbana

La notizia sta facendo il giro del mondo e suscitando grandi entusiasmi come dure polemiche: parliamo dalla nuova collezione di abaya e hijab di Dolce e Gabbana lanciata di recente su Style.com/Arabia, la sezione del celebre sito di Vogue che si rivolge alle donne in Medio Oriente.

La nuova linea riprende due degli indumenti tradizionali delle donne musulmane e li rivisita in chiave extralusso, scegliendo tessuti preziosi e leggeri, ricami e stampe delicati e colori neutri. Poi li abbina ad accessori appariscenti e dal lusso più sfarzoso, dalle borse agli occhiali da sole. Il risultato è indubbiamente fastoso ma anche molto stridente.

Hijab e abaya, cioè il velo che copre i capelli e la lunga veste scura fino ai piedi, sono infatti indumenti legati ad una religione che rappresentano la modestia femminile di fronte alla divinità. Trasformarli in capi di moda è stato reputato offensivo da alcune donne che sull’account Instagram di Stefano Gabbana hanno commentato infastidite. Lo stilista aveva infatti anticipato con qualche immagine le nuove creazioni che sono state poi presentate ufficialmente sul sito con il lookbook dedicato che potete vedere in gallery.

Ai designer sono stati riservati però anche molti applausi da parte di chi li ritiene innovatori capaci di assottigliare il grande divario culturale che esiste tra il mondo occidentale e quello medio-orientale, il cui mercato del lusso è in continua crescita e a cui spesso le case di moda si adeguano realizzando collezioni speciali.

Che Dolce e Gabbana abbiano interpretato in tempi è chiaro, da tempo i segnali sono chiari. Citiamo per esempio la pubblicità di H&M con una modella che indossa l’hijab per non dire delle svariate collezioni moda realizzate esclusivamente da molti marchi per il mercato medio-orientale in osservanza delle regole più caste richieste da quelle società.

Tuttavia ci resta in bocca quel retrogusto un po’ acidulo che deriva dall’inevitabile pensiero: hijab, abaya, burqa e tutte le loro variazioni sono strumenti di prevaricazione sulle donne e non sarà qualche ricamo e la piacevolezza della seta a renderli meno oppressivi. D’altro canto il mercato chiede e il mercato offre a dimostrazione del fatto che come sempre il dio denaro vince su tutto.

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