Rebecca Blues, curare la depressione post partum con un’App e i social network

Se ne sta parlando tantissimo in questi giorni della depressione post partum, di come la prevenzione spetti proprio alla mamma che sta per partorire, anche se sembra un controsenso. Di base c’è che le donne devono essere consapevoli che dopo la nascita di un bambino molte cose cambiano anche in maniera abbastanza veloce.

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Bisogna abituarsi subito alle novità, affrontare di petto di problemi, trovare le soluzioni con caparbietà e determinazione. La depressione post partum è dietro l’angolo per cause ormonali, genetiche o sociali. In pratica è una patologia che può interessare tutte, ma proprio tutte le donne.

La domanda che sorge spontanea, come direbbe un noto giornalista italiano, è questa: e se la mamma non ce la fa? Potrebbe non farcela è vero, ma questa impotenza di fronte ai cambiamenti non sarà per sempre. È uno stato passeggero di affaticamento, legato anche alla novità del momento.

Il primo rimedio è parlarne perché se su 80 mila donne colpite dalla depressione post partum, soltanto 1 su 4 ha ottenuto un trattamento, vuol dire che c’è qualcosa che non va nel sistema di segnalazione e diagnosi. Dove finiscono le altre 60 mila donne depresse dopo aver ricevuto la gioia di un figlio?

Strade Onlus e Rebecca Fondazione sperano che convoglino nel progetto Rebecca Blues che mira a creare una rete di assistenza e mutuo soccorso per le mamme che affrontano la maternità e possono avere dei problemi.

Rebecca Blues è un’applicazione mobile che si può scaricare gratuitamente sia su smartphone sia su tablet ed è pensata per tenere sempre in contatto la neomamma conil personale medico. Durante la gravidanza la mamma può fare n percorso di formazione, monitoraggio e autodiagnosi grazie all’aiuto del proprio medico. Dopo il parto può segnalare l’insorgenza di alcune problematiche.

Il fare rete comunque, è tipico di internet. Per questo anche sui social network esistono diversi spazi dedicati alle mamme che si vogliono confrontare, che hanno bisogno di parlare. Nei gruppi su Facebook, in genere, sono presenti anche dei medici a supporto delle discussioni. Non è un caso che con i consigli di un’ostetrica sui social, una mamma sia riuscita a partorire in casa su un’isola senza ospedale. E voi mamme, a chi cerchereste aiuto e secondo quali canali?

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