Gioco d’azzardo, una malattia che va studiata e curata

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Una delle piaghe della nostra società è il gioco d’azzardo. Non esistono mezzi termini per descrivere il danno economico, sociale e morale che sta affliggendo al nostro Paese. Famiglie al lastrico, vite spezzate e l’impotenza di chi come me osserva queste persone abbandonate a falsi sogni e vere malattie, negli angoli bui dei locali.

Le casalinghe preferiscono il gratta e vinci, gli anziani il bingo, i giovani e gli adulti slot e videolottery. E su alcuni di questi giochi c’è anche l’interesse di chi ricicla denaro sporco: le mafie.

Matteo Iori, presidente di Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo), ha affermato che: “per aiutare i 250mila giocatori patologici e evitare che altri 600 problematici diventino, a loro volta, dei malati, sarebbe utile capire come ciascun gioco riesca ad essere più seduttivo su una categoria rispetto a un’altra; e come siano differenti i meccanismi che portano alla dipendenza. In questo modo, gli interventi normativi in materia potrebbero essere più efficaci”.

Proprio inseguendo questo obiettivo che lo scorso 7 luglio si è tenuto il seminario “C’è gioco e gioco”, alle Acli di Milano, durante il quale sono stati confrontati per la prima volta i dati delle ricerche del Cnr – che hanno analizzato le dipendenze degli italiani – e l’esperienza del Sert (servizi ASL che curano le dipendenze) per capire a fondo il fenomeno e quali le possibili strategie da adottare.

Speriamo che il confronto di tanti esperti porti maggiore attenzione su questi amari problemi e permetta l’adozione di mezzi di contrasto di tale dipendenza patologica nella nostra società.

Foto| Thinkstock

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