PAS, Hunziker-Bongiorno chiedono il carcere per un reato che non esiste

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Cos’è la PAS e perché se ne parla con tanta insistenza in questi giorni? Perché Michelle Hunziker, intervistata da Fabio Fazio, ha promosso una proposta di legge dell’avvocata Giulia Bongiorno che vorrebbe punire con il carcere chi si macchia di un reato basato sulla Sindrome di Alienazione Parentale che però non esiste. 

petizione contro deagostini

Una petizione contro DeAgostini per la pubblicità sessista

petizione contro deagostini

Dopo le polemiche sulla pubblicità inglese in bikini giallo, succede qualcosa di simile anche a casa nostra: di pubblicità sessista viene accusato un grande gruppo editoriale italiano. Su Change.org e sui social network gira da alcuni giorni una petizione contro DeAgostini per la pubblicità affissa sui mezzi di trasporto urbano milanesi.

Al momento sono state raccolte quasi 7500 firme e i promotori dell’iniziativa si sono attivati anche sui social network con una pagina dedicata oltre che sulla pagina ufficiale di DeAgostini a cui hanno chiesto spiegazioni sul perché utilizzare un pungiball con mutandine di pizzo per rappresentare la donna insieme ad un claim ritenuto oltremodo offensivo: “Da come tenersi in forma a come tenersi un marito.”

Indignate o addirittura arrabbiate le reazioni di donne e uomini che considerano irrispettoso nei confronti di ambo i sessi il riferimento alla donna come ad un sacco da picchiare e alle capacità seduttive come strumento per affermarsi. Con il risultato, sottolineano molti sostenitori della petizione, di incitare alla violenza sulle donne.

DeAgostini ha replicato puntando l’accento sull’intento ironico della campagna pubblicitaria:

“la redazione di deabyday.it è costernata dalla reazione che la nostra campagna pubblicitaria ha suscitato in alcune di voi. Mentre ci scusiamo se abbiamo potuto urtare la sensibilità di qualcuno teniamo a precisare che, evidentemente, non avevamo intenzione di offendere o attaccare nessuno.”

Anche dallo Iap, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria coinvolto nelle richieste di rimozione dello spot, la risposta è stata asciutta e ha sminuito la lettura offensiva della campagna:

“…l’organo di controllo non ha condiviso la lettura prospettata, in quanto non sono presenti nel messaggio elementi che possano indurre sul piano figurativo a identificare negli oggetti rappresentati (un punchball e uno slip in pizzo) la donna come oggetto. Essi indicano in modo figurato e ironico gli argomenti proposti al pubblico femminile dal web magazine pubblicizzato, quali consigli e approfondimenti su temi come lo sport e la seduzione. Anche la parte testuale conferma la lettura ironica del messaggio, limitandosi ad illustrare in modo sintetico il campo di argomenti trattati dal sito, escludendo contenuti offensivi o discriminatori.”

Non la pensano così i detrattori della pubblicità che hanno sferrato un attacco web al gruppo editoriale chiedendo non solo la rimozione dei pannelli ma anche le pubbliche scuse di DeAgostini. La pubblicità è effettivamente sparita ma a quanto pare solo per la decorrenza dei termini di affissione e non per effetto della petizione.

ragazze rapite in nigeria

Ragazze rapite in Nigeria costrette a combattere

ragazze rapite in nigeria

È passato un anno da quando le ragazze rapite in Nigeria dalla scuola di Chibok sono cadute in mano a Boko Haram che le ha ridotte in schiavitù. Oggi Amnesty International denuncia: dal 2014 a oggi oltre 2000 donne e bambine sono state rapite, costrette alla schiavitù e addestrate a diventare combattenti per la causa degli stessi rapitori.

Con un rapporo dal titolo “Il regno del terrore di Boko haram” l’organizzazione internazionale denuncia i crimini di guerra e contro l’umanità che il gruppo armato nigeriano sta perpetrando nel nord-est della Nigeria dallo scorso anno.

I metodi sono brutali: arruolamento e forza e uccisioni sistematiche di uomini e bambini; donne e bambine rapite, stuprate, costrette a sposarsi o a partecipazione alle lotte armate contro gli stessi villaggi da cui provengono. Non ci sono differenze religiose che arrestino il terrore, continua il rapporto:

“Uomini e donne, bambini e bambine, cristiani e musulmani, sono stati uccisi, sequestrati e brutalizzati sotto il regno del terrore di Boko haram, che ha investito milioni di persone.”

Il rapimento delle 276 studentesse dalla scuola di Chibok, che aveva fatto il giro del mondo lo scorso Aprile 2014 grazie alla campagna #BringBackOurGirls, non è che una piccola percentuale della popolazione sottoposta al terrore in quelle aree.

Strazianti le testimonianze di chi è riuscito a fuggire dai campi di prigionia nelle zone più remote della Nigeria. Aisha è stata rapita a 19 anni nel settembre 2014, durante una festa di nozze, insieme alla sposa e alle rispettive sorelle. La settimana seguente le ragazze sono state costrette a sposare dei combattenti e a sottoporsi ad addestramento militare. Racconta:

“Spiegano come usare le armi. A me hanno insegnato a sparare, a usare le bombe e ad attaccare i villaggi. L’addestramento è durato tre settimane, poi hanno iniziato a mandarci in azione. Io ho preso parte a un attacco contro il mio villaggio.”

Abbandonate donne che lottano diritti Afghanistan

Abbandonate le donne che lottano per i diritti in Afghanistan

donna con burqua

Abbandonate le donne che lottano per i diritti?  La denuncia arriva direttamente da Amnesty International, la quale sottolinea senza peli sulla lingua che non vi è alcuna tutela in Afghanistan per coloro che danno voce allo scontento e tentano di cambiare le cose.

violenza donne

Rapporto Diritti Umani Amnesty International, 28 paesi negano i diritti alle donne

violenza donne

Il rapporto di Amnesty International 2014-2015 che traccia il bilancio sulla risposta globale alle atrocità ancora oggi commesse in molte zone del mondo parla chiaro: la risposta è insufficiente e vergognosa se si pensa che l’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle è stato purtroppo caratterizzato da violenze e barbarie su uomini, donne e bambini.

Camst, l’azienda italiana che offre un impiego alle vittime di violenza

violenza su donna

Camst, cooperativa della ristorazione, ha offerto un impiego nelle proprie strutture a ventuno donne vittime di violenza. Questo è stato possibile attraverso il progetto Ora di cambiare tono, avviato nel 2013 in collaborazione con l’Associazione Nazionale D.i.Re. (Donne in Rete contro la violenza) e l’organizzazione governativa Cospe.

Camst è la prima azienda italiana ad aver avviato un progetto simile, volto a sostenere concretamente l’indipendenza e la dignità di donne vittime di violenza, attraverso un inserimento lavorativo.

Abbiamo deciso di promuovere questo progetto perché le donne che hanno deciso di dire basta alla violenza non hanno vita facile, spesso devono iniziare da zero, e in questo percorso l’autodeterminazione, anche economica, è fondamentale. Avere un lavoro dignitoso, non in nero, non legato a ricatti o minacce, in un posto sicuro dove viene garantita la privacy non è scontato, racconta Antonella Pasquariello, Presidente della cooperativa , in merito alle ventuno assunzioni effettuate in quattro Regioni d’Italia (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Toscana).

L’impegno di Camst prosegue con una serie di campagne di comunicazione attente al problema della violenza sulle donne, attraverso la creazione del sito puntodonne.it.

Foto | Steve Ikeguchi Shutterstock.com

Violenza sulle donne, il video di Benetton che fa commuovere il web

La Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne viene resa ancora più commovente dal video creato ad hoc da Benetton che ha deciso di scendere in campo per sensibilizzare su una questione delicata come quella che purtroppo, ogni anno, vede protagoniste soltanto in Italia più di un milione di donne, vittime di soprusi maschili da parte di ex mariti, ex amanti o familiari.

 

violenza su donna

Linor Abargil, la miss che lotta contro la violenza sulle donne

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Linor Abargil è una modella israeliana, vincitrice del titolo di Miss Mondo 1998. Pochi mesi prima di essere incoronata Miss Mondo, Abargil era stata vittima di uno stupro da parte di Uri Shlomo, cittadino israeliano che lavorava a Milano. La modella rese nota la violenza e Shlomo fu arrestato in Israele.

Da quel momento, Abargil è diventata un esempio per tutte le donne vittime di maltrattamenti, facendosi portavoce internazionale nella lotta contro la violenza sulle donne. Oggi Linor è diventata un avvocato e un’attivista per i diritti delle donne. Ha cominciato a viaggiare molto per incontrare altre vittime della violenza, incoraggiandole alla denuncia e alla ricostruzione della propria vita.

La storia di Abargil è diventata un documentario Brave Miss World, che sarà presentato in Italia il prossimo sabato 22 Novembre al Teatro Litta di Milano durante la rassegna Siamo pari! La parola alle Donne, organizzata da WeWorld Intervita. Nel documentario, prodotto da Cecilia Peck, sono raccontate anche le storie di altre vittime di violenza.

“Non dovete avere paura, la cosa peggiore che potesse capitare vi è già capitata”, questo è il motto della giovane Abargil.

Trailer Brave Miss World

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=MVJTLyNaHow]

Foto | Canada.com