L’Enfant-Femme di Rania Matar, bambine quasi donne

l'enfant-femme di rania matar

L’Enfant-Femme di Rania Matar è un progetto fotografico che non mancherà di suscitare le consuete polemiche ma si rivela molto interessante nel rilevare come le bambine di oggi diventino donne.

L’idea nasce dal desiderio di raccontare il farsi donne delle bambine tra Stati Uniti e Medio Oriente, rilevando le differenze, certo, ma soprattutto le similarità. In mondi che appaiono lontanissimi, oggi forse più che mai, le bambine tra i 7 e gli 12 anni si atteggiano già a giovani donne, lo sono in potenza e cominciano a mostrarlo anche nel modo in cui si pongono.

Il progetto fotografico è un vero e proprio viaggio che attraversa l’area metropolitana di Boston e il Libano, due aree circoscritte che hanno un valore personale per l’artista dal momento che vive nella città americana ma è di origini libanesi. Due luoghi simbolici che riassumono e raccontano le differenze e le somiglianze tra due culture e il diverso atteggiamento verso la femminilità. Sorprendentemente, le fotografie rivelano quanto le bambine di oggi siano simili in ambedue i contesti.

“Si vivono le stesse transizioni, qui negli Stati Uniti o laggiù in Libano. – dice Matar in un’intervista – C’è una qualche universalità nel modo in cui si percepisce l’essere donne. Per quanto mi riguarda, io lo sono che sia libanese o americana. Siamo noi stessi a creare le barriere ma questo progetto intende distruggerle.”

E lo fa, ci sembra, anche in modo un po’ provocatorio eppure al tempo stesso puro e genuino, offrendo uno sguardo scevro da pregiudizi proprio grazie a questa compresenza di visione negli occhi dell’artista che vive tra due mondi, due culture, due universi. In tutto diversi, meno che nell’essenza: siamo donne a tutte le latitudini e ad ogni età e scoprire il guizzo della femminilità proprio mentre sboccia ha qualcosa di commovente.

“L’unica cosa che ho chiesto alle bambine era di non sorridere, per il resto le ho lasciate libere di assumere la posa che volessero.”

Così Matar racconta la genesi del progetto che aveva come scopo ritrarre le bambine e le ragazze così come sono e di sentono di essere, libere di interagire con l’obiettivo e di esprimere se stesse. Sono emersi la disinvoltura o la sua mancanza, la sicurezza di sé o la timidezza, una prima sensualità o l’innocenza ancora bambina. Ma in tutti i casi emerge una più o meno esplicita consapevolezza del proprio essere donne in boccio, che si tratti della ragazzina ricca dei sobborghi di Boston o che si ritragga la bambina che vive in un campo profughi in fuga dalla guerra.

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