Bambini, app e privacy: dove sono finiti i genitori?

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La privacy è un tormentone dei nostri tempi: si parla in continuazione di tutela della privacy o di violazione della stessa in conseguenza dell’uso di internet e in particolare dei social network. Ma fino a che il discorso è esteso alla platea di navigatori adulti, i problemi sembrano limitati, ma quando ad usare le app sono i bambini?

I bambini di oggi sono sempre più “smanettoni” ovvero hanno sempre più affinità con le nuove tecnologie e le sanno usare anche meglio degli adulti. In genere sfruttano alla perfezione gli strumenti di comunicazione e le app ludiche che trasformano gli smartphone in consolle portatili.

Crescendo poi, i ragazzi non sono più disponibili ad usare gli strumenti che i genitori mettono loro a disposizione e richiedono il loro computer, il loro tablet, il loro smartphone. È in questa delicata fase di emancipazione che le mamme devono avere 100 occhi e devono dimostrarsi preparate a fronteggiare il nodo “privacy”.

Una recente ricerca promossa dalle authority per la privacy tra cui quella italiana, ha dimostrato che ci sono circa 1500 app di tipo educational o ludiche dove la trasparenza è davvero limitata e i dati personali forniti dall’utente sono tutt’altro che protetti. Su 35 casi messi sotto la lente d’ingrandimento si è visto che addirittura 21 presentano dei profili di rischio e ci sarà un’ulteriore indagine su 8 di questi.

Che sia richiesto il consenso per la raccolta delle informazioni personali non è poi così strano, stupisce invece il fatto che meno di un’app su tre consenta di cancellare l’account. Una seconda ricerca che sembra completare questa appena presentata racconta di una generazione di giovanissimi iperconnessi: l’83% dei minorenni in Italia ha un indirizzo e-mail o è iscritto ad un social network e la percentuale di under 10 connessi è in crescita. A 10 anni il 64% dei ragazzi ha un accesso ad internet senza controllo.

Una mamma è sempre in bilico tra il voler rispettare il desiderio di privacy di un figlio e la necessità di metterlo al riparo da alcune insidie? E non è detto che le raccomandazioni sull’uso delle app e sulla pericolosità di alcuni siti, vadano effettivamente a buon fine. Come si può risolvere il dilemma?

Sempre teoricamente occorre lavorare sull’autostima del ragazzo, invitandolo fin da piccolo ad avere un rispetto estremo di se stesso e della sua privacy. Invitandolo a custodire alcuni dati (personali) come fossero segreti. Può funzionare? Può essere più efficace del controllo coercitivo? Che esperienze avete a riguardo?

Photo Credits | Maria Evseyeva / Shutterstock.com

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