Baby talking, ovvero quante domande la mamma può fare al bambino?

È frequente che una mamma chieda al proprio figlio se si è fatto la “bua”, se è necessario dare le “tottò” al mobile dove ha sbattuto, se abbia fatto la “pupù” e via dicendo. Si pensa infatti che parlare in questo modo garantisca il contatto migliore con i bambini. In realtà, porsi al loro stesso livello verbale non è sempre indicato perché i bambini, in base all’età, hanno uno sviluppo del linguaggio diverso e un’esigenza diversa.

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Usare le parole da bambini è utile nei momenti di relax, nei momenti in cui il rapporto mamma-bambino è di tipo affettivo-relazionale. Non deve però andare oltre questi brevi lassi di tempo, perché il bambino deve essere messo nelle condizioni di evolversi verbalmente. Il baby talking, dunque, deve essere diverso in base all’età del bambino.

Certo è che i piccoli, fin da quando sono neonati, riconoscono la voce della mamma e la seguono, la imitano anche nei suoni se la mamma, di fronte a loro rinforza quel che dicono. Insomma, i neonati, fino ai 5 mesi, emettono dei suoni senza alcun significato. La mamma è chiamata a rinforzarli instaurando una specie di dialogo, nel senso che deve aspettare che il piccolo finisca di parlare per poi ripetere il suono proferito dal bambino.

Tra i 5 e i 6 mesi, invece, inizia la fase della cosiddetta lallazione. Il bambino inizia ad associare vocali e consonanti producendo suoni come “ma-ma-ma” e “pa-pa-pa”. In questa fase i genitori sono chiamati a dare un significato alle parole del bambino, insegnando loro le prime parole come mamma e papà.

Dopo i 9 mesi i bambini iniziano a dire alcune parole, spesso storpiandole nei suoni. Sono le sue prime parole quindi i genitori e gli adulti con cui entra in relazione, devono aiutarlo a pronunciarle nel modo corretto senza assecondare i suoi errori. Non vuol dire che il piccolo non possa sbagliare ma non va assecondato.

Ad ogni modo soltanto i pediatri ricordano che soltanto dopo i tre anni si può iniziare a considerare che i bambini abbiano un ritardo nel linguaggio per il fatto che non hanno un lessico ampio.

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