(!DONNA) e Kinabuti Fashion Initiative insieme per le donne

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Era il 2012 quando a Milano fu fondata l’associazione no profit Esclamativo Donna (!DONNA) con lo scopo di valorizzare il talento femminile in settori di eccellenza della cultura italiana. Era invece il 2010 quando nacque il progetto Kinabuti Fashion Initiative, associazione no profit fondata dalle italiane Caterina Bortolussi e Francesca Rosset che sviluppano progetti di produzione sostenibile in Nigeria a sostegno delle donne.

Questo weekend ambedue gli enti parteciperanno alla manifestazione Natura Donna Impresa organizzata in centro a Milano e lo faranno per celebrare uno degli ultimi successi raggiunti. La prima consegnerà alla seconda i fondi raccolti tramite l’iniziativa di solidarietà IFE! Il Vino Delle Donne Per Le Donne.

L’obiettivo del progetto, lanciato nel corso dell’Expo 2015, ha lo scopo di finanziare corsi di formazione destinati a 15 vedove di Lagos per insegnare loro a cucinare e vendere street food ritrovando una fonte di sostentamento personale, inventandosi un impiego e raggiungendo una nuova opportunità di riscatto sociale.

La raccolta fondi è stata possibile grazie ad un progetto di vinificazione partecipativa al femminile che in Italia ha coinvolto le imprenditrici rurali dell’Oltrepo pavese ‘Tra le Terre-Custodi d’emozioni’ e un team di donne dei principali settori culturali italiani allo scopo di creare un vino in edizione limitata. Benedetta Ruggeri, Presidente di !DONNA, racconta che si è trattato di:

“un progetto davvero innovativo che è stato reso possibile grazie alla collaborazione con il Comune di Milano, il patrocinio del Consorzio Tutela Vini Oltrepo Pavese, la media parternship di Tutto Gusto, Pianeta Donna e delle Spy Twins e il contributo di Cerbios, l’azienda farmaceutica svizzera del Canton Ticino da sempre attenta al sociale, e il sostegno di Tavola che, con il brand BeMaMa, riconferma l’interesse per il benessere e la salute della donna.”

L’appuntamento è in via Dante 14 per il 25 Novembre, proprio (e volutamente) in concomitanza con la ricorrenza della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne.

disparità di salario tra uomini e donne

Disparità di salario tra uomini e donne: lavoriamo gratis 59 giorni l’anno

disparità di salario tra uomini e donne

Che esista una disparità di salario tra uomini e donne è cosa ben nota, pur tristemente, ma quando scopriamo i dati concreti della faccenda tutto assume contorni peggiori di quanto non si sospettasse. Dalle ultime rilevazioni dell’Unione Europea, nella zona UE le donne lavorano gratis per quasi due mesi l’anno rispetto agli uomini.

Le stime hanno fissato in 59 giorni di salario la differenza che esiste tra uno stipendio corrisposto ad un uomo e quello che percepisce una donna a parità di professione, competenze e luogo di lavoro. Insomma, è come se da adesso alla fine dell’anno lavorassimo tutte gratuitamente.

Il gap retributivo tra i due sessi si aggiunge ad una situazione lavorativa che discrimina le donne a tutti i livelli, non solo professionale ma anche sociale: carriere bloccate, insufficiente assistenza nel periodo della maternità, assunzioni che tendono a prediligere figure maschili, specialmente per i ruoli di comando delle aziende.

In Europa una donna guadagna in media il 16,3% in meno di un uomo e questo dato, tradotto in tempo anziché in denaro, ci dà il risultato di 59 giorni di lavoro gratuito che viene sottratto a tutto il resto – dalla famiglia al semplice tempo libero da dedicare a se stesse. Con questa amara constatazione l’Unione Europa ha celebrato l’Equal Pay Day che intende sensibilizzare sul tema della disparità dei salari.

E in Italia? Il gender pay gap sorprende con una media più bassa rispetto a quella europea, attestandosi al 7,3%. Molti osservatori come l’Istat e la Banca d’Italia hanno però rilevato che si tratta di un dato ingannevole visto che l’occupazione femminile in Italia è bassa, addirittura inferiore al 50%. Nella realtà concreta, il gap sfiorerebbe un pauroso 20%.

Photo | Thinkstock

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#ilooklikeanengineer: ingegneri donne contro i pregiudizi

#ilooklikeanengineer

Sotto la guida dell’hashtag #ilooklikeanengineer, in America gli ingegneri donna si uniscono contro i pregiudizi. È qualcosa che purtroppo gli ingegneri donna devono affrontare in quanto il retaggio maschilista della nostra società occidentale non accetta fino in fondo che le donne possano svolgere con successo professioni tradizionalmente associate agli uomini.

L’episodio che ha scatenato la protesta è accaduto a Sain Francisco dove il giovane ingegnere Isis Anchalee è stata scelta dall’azienda informatica per cui lavora, la OneLogin, come testimonial della sua nuova campagna di assunzioni. Dal momento che si tratta di una bella ragazza sui social si sono levate delle perplessità. Il succo della questione: perché scegliere una modella anziché un vero ingegnere o un’impiegata?

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Già la scelta dei termini evidenzia quanti pregiudizi esistano su questo argomento e Isis è effettivamente un ingegnere e non un modella. La donna ha dunque deciso di intervenire direttamente sul suo blog parlando degli stereotipi sessisti che quotidianamente deve affrontare sul suo lavoro, specialmente nell’ambiente informatico.

Il settore tecnologico impiega solo il 30% di forza lavoro femminile mentre le donne in America rappresentano il 59% della forza lavoro complessiva e il 51% della popolazione: dati fin troppo eloquenti e niente affatto confortanti. Tanto più se si sollevano questioni di merito che associano superficialmente la bellezza di una donna alla sua incapacità lavorativa, più o meno velatamente.

“Non volevo attirare su di me tante attenzioni, ma sfrutterò questa situazione per gettare un po’ di luce sul tema del genere nell’ambiente delle nuove tecnologie.”

Isis ne ha approfittato per dire la sua e con lei tante altre donne sono scese virtualmente in piazza per intervenire con la propria esperienza personale. La mobilitazione è diventata presto internazionale grazie al battage dei social media e l’hashtag #ilooklikeanengineer che invita tutte le donne ingegneri a partecipare.

spot contro la disparità del salario delle donne

Uno spot contro la disparità del salario delle donne

spot contro la disparità del salario delle donne

Uno spot contro la disparità del salario delle donne basterà a cambiare come stanno le cose sul mercato del lavoro italiano? Forse no, ma lancia un messaggio importante. Se essere una donna può essere complicato e persino pericoloso in molti paesi del mondo, anche in Italia può essere ancora difficile.

Nonostante le conquiste femminili siano state tante, la parità a tutti gli effetti è ancora un miraggio lontano in molti campi, primo fra tutti il lavoro. Ecco perché è stato ideato uno spot che che intende sensibilizzare sull’argomento.

Il messaggio è esplicito e arriva alla fine della Pubblicità Progresso ideata per le reti televisive nazionali: “Punto su di te. Per superare i pregiudizi sulle donne.” e “Essere donna è un mestiere complicato. Diamogli il giusto valore.” Lo scopo è riconoscere alle donne un valore che il mondo del lavoro troppo spesso nega loro.

Lo dimostra con tutta evidenza e molta amarezza la telecamera nascosta durante un colloquio di lavoro per la stessa posizione. L’uomo e la donna – che sono la medesima persona opportunamente truccata –sostengono il colloquio dimostrando di avere i medesimi requisiti e avanzando la stessa richiesta economica, che nel caso della donna viene considerata troppo alta.

salario donne

Lo spot è accompagnato da una campagna stampa con l’immagine di una donna che tiene in mano una banconota da 10 euro del valore di 7 euro. In una sola foto si sintetizza una desolante verità: il salario femminile, rispetto al medesimo ruolo affidato ad un uomo, è inferiore fino al 30%.

Questa disparità getta luce su quanta strada ancora sia necessaria percorrere per arrivare al riconoscimento di un diritto che viene sancito solo sulla carta e celebrato da tante belle parole ma che poi, nei fatti, resta immutato.

È una questione che fa il paio con l’altra, strettamente correlata al mondo del lavoro femminile, che riguarda la maternità. Il congedo di maternità è indubbiamente un costo per l’azienda ma nel contempo si tratta di un diritto regolato dalla legge che molte aziende sperano di aggirare preferendo assumere uomini in luogo delle donne. Un dato allarmante fa riflettere: 1 donna su 4 in Italia è indotta a lasciare il lavoro dopo il primo figlio.

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Maternità: licenziamento assicurato o punto di forza sul lavoro?

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Nella pratica una donna che fa un figlio è già considerata lavoratrice di secondo livello. È inutile tergiversare con inutili ipocrisie: se una donna che lavora si concede il “lusso” di diventare mamma, immediatamente le si attribuiscono tutta una serie di cliché tra cui anche l’inadeguatezza agli obblighi tipici della lavoratrice priva di preoccupazioni genitoriali.

Quello che gli uomini non fanno… tocca alle donne

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Le donne italiane dedicano alle faccende di casa il 200% del tempo in più rispetto agli uomini, secondo dati forniti dall’Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione Europa).

Siamo tra gli ultimi per questa tendenza insieme ai nostri cugini spagnoli. E’ chiaro, quindi, che gli uomini italiani proprio non ne vogliono sapere di cucinare, stirare, piegare i panni, spazzare, spolverare, buttare l’immondizia. Questo dato non subisce modifiche neanche se sono entrambi i partner a lavorare ed anzi si aggrava con la presenza di figli.

Ma quali sono le cause di questa ingiusta situazione? Il ricercatore dell’Università di Torino Lorenzo Todesco ha provato ad analizzare i motivi di tale disparità nel saggio “Quello che gli uomini non fanno”. Dopo studi e ricerche accurate, il sociologo ha fornito delle spiegazioni per tutti questi numeri attraverso l’identificazione di due cause principali. La prima è la questione economica: se l’uomo è l’unica fonte di reddito familiare è la donna ad occuparsi dell’andamento della casa e dei figli, come per un tacito accordo. Lo stesso avviene se anche lei è nel mondo del lavoro, perché si presume abbia comunque un’attività lavorativa modesta rispetto quella del marito.

L’altra causa è l’influenza del contesto nazionale. Il nostro Paese è estremamente conservatore, soprattutto se confrontato con altre realtà europee. Non abbiamo delle strutture che possano aiutare le donne ad affaticarsi meno nello svolgimento delle attività domestiche ma soprattutto è assente la volontà di modificare la forma mentis che pervade tutto il nostro territorio e fa considerare le attività in oggetto delle faccende meramente femminili.

Purtroppo trovare una soluzione per questa disparità è tutt’altro che semplice. Dobbiamo comunque guardare il futuro con ottimismo perché, per fortuna, sono in lieve aumento le coppie giovani e con doppio reddito, che decidono di mettersi in gioco anche nella ridistribuzione dei compiti di casa. Forse perché hanno preso consapevolezza che può essere una delle tante causa di rottura della coppia.

Foto| west-info.eu

Perché le donne chiedono sempre scusa?

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Non si fa altro che parlare di lotta al femminicidio, di rispetto per le donne, di ritorno al femminismo e di fermare la violenza sulle proprie mogli, figlie e ragazze. Ma il rispetto per le donne da dove inizia? Dovrebbe nascere dall’amor proprio che queste dovrebbero possedere e mostrare con orgoglio, mentre spesso ci si ritrova a dover chiedere scusa per qualche gesto ordinario e semplice, per qualcosa per la quale un uomo non chiederebbe mai scusa.