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Donne in bicicletta in Turchia, inno alla libertà

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La Turchia vive uno stato di emergenza e instabilità dopo il tentativo di sovvertire il governo con un colpo di stato dello scorso Luglio ma più forti che mai sono i venti di libertà che spirano nel paese, a dispetto di ogni tentativo di metterli a tacere. Sono le donne a raccogliere il vessillo della libertà, ancora una volta. Lo fanno inforcando una bicicletta e pedalando attraverso 28 città del paese.

Istanbul e Ankara, Izmir e Busa, Adana e Antalya, tra le altre, hanno visto la quarta edizione del Süslü Kadınlar Bisiklet Turu invadere le strade con i mille colori e i sorrisi aperti delle donne in bicicletta che rivendicano il diritto di esprimersi, di appropriarsi degli spazi delle città e di una normalità di cui troppo spesso vengono private.

Il nome della manifestazione, Süslü Kadınlar Bisiklet Turu, significa letteralmente Pedalata delle donne in ghingheri. Sì, perché le donne di tutte le età agghindano la propria bicicletta e scelgono un abbigliamento coloratissimo per dimostrare la voglia di esprimere la propria femminilità e di riappropriarsi di una libertà negata.

Quest’anno l’edizione della passeggiata in bicicletta, iniziata a Izmir 4 anni fa, è più che mai significativa. Riprendere possesso di piazze, strade e parchi ha un senso più forte oggi che le libertà di espressione nel paese sono più di prima messe a tacere per la durissima reazione del governo al recente tentativo di colpo di stato.

Per la prima volta hanno partecipato anche le donne cipriote dove esiste tuttora una situazione di divisione tra la comunità turca e quella greca. Qui le donne della parte sud dell’isola si sono unite a quelle della parte nord, un segnale forte che ha gettato una nuova base di dialogo laddove la politica aveva sempre fallito.

Il fatto che l’iniziativa sia spontanea e nata dal basso, promossa dalle donne senza l’intervento di enti pubblici o aziende, rende il messaggio ancora più forte e importante. Sema Gür, ideatrice dell’evento, si era detta preoccupata alla vigilia della manifestazione visto il periodo di tensioni ma nessuna donna ha voluto rinunciare al diritto di esprimere il proprio inno alla libertà.

Photo | Thinkstock

voglio una ruota

Voglio una ruota, un documentario sulle donne in bicicletta

voglio una ruota

Voglio una ruota lancia una campagna di crowdfunding per realizzare un documentario sulle donne e la bicicletta, su come questi due mondi si sono incontrati e amati, si sono cambiati e a vicenda e hanno modificato la percezione delle donne, della loro libertà, della loro forza. Nonostante ciò, ancora oggi in molti paesi per le donne è disdicevole inforcare una bici e nel mondo dell’agonismo le cicliste sono classificate come dilettanti.

Cos’è Voglio una ruota

Per raccontare una lunga storia di confronto e incontro, e per cambiare un po’ anche il futuro, la squadra di Voglio una ruota ha deciso di investire sulla partecipazione delle persone che credono nel valore della bicicletta, come mezzo di trasporto ma anche come strumento di emancipazione e libertà.

Lo scelta del crowdfunding è la voglia di riuscire a rimanere un progetto indipendente. C’è tempo fino al 16 Novembre per raggiungere l’obiettivo e realizzare il documentario sulle donne in bicicletta che avrà tecnica mista, con animazioni e interventi delle donne che oggi stanno cambiando il mondo del ciclismo al femminile.

“Non regalatemi dei fiori, voglio una ruota”

Questo è lo slogan della campagna scelto da Antonella Bianco, la regista del documentario, insieme al suo team. È una storia d’amore quella che il film si propone di raccontare e che la campagna ha già iniziato a farci scoprire.

Una storia che inizia nell’Ottocento, quando la bicicletta fu inventata. Era un periodo di grandi progressi tecnologici e la bicicletta divenne subito un simbolo di libertà. Le donne all’inizio ebbero vita dura, non era facile pedalare con le grosse gonne dell’epoca e veniva considerato oltremodo sconveniente. L’emancipazione femminile aveva trovato il suo primo strumento di lotta.

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Una storia di donne

Questa storia, con le sue storie, vuole rendere giustizia alle donne cicliste che stanno lottando per cambiare questa percezione riduttiva della loro passione, per rivendicare il diritto a far girare le proprie ruote in completa libertà.

“Non bisogna andare troppo lontano per capire che la parità dei diritti è ben lontana persino in Occidente – dice Antonella Bianco – in cui il ciclismo femminile è visto come uno sport minore rispetto a quello maschile. In Italia, per esempio, non esiste una legge che riconosca le donne atlete come professioniste, con tutta la disparità economica e sociale che ne consegue. Ragazze che vincono medaglie d’oro in competizioni internazionali gareggiano come dilettanti.”

Le testimonianze

Nel documentario saranno presenti le testimonianze di molte donne che hanno fatto della bicicletta il fulcro della loro vita, diventando simbolo stesso del ciclismo al femminile oltre che di affrancamento da invisibili ma tenaci barriere culturali.

C’è la storia di Edita Pučinskaitė, unica donna ad aver vinto Giro d’Italia, Tour de France e Campionati del Mondo. C’è quella di Paola Gianotti, che ha compiuto il giro del mondo in bicicletta polverizzando il record precedente. E avete mai sentito parlare della storia delle ragazze egiziane del gruppo GoBike del Cairo? Ogni giorno sfidano i pregiudizi del loro paese che ritiene sia inappropriato per una donna andare in bicicletta.

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Eyerusalem Dino Keli

E poi c’è Eyerusalem, giovane e promettente ciclista etiope che contro il parere della famiglia ha tenacemente inseguito il suo sogno, ad appena 13 anni, prima fuggendo ad Addis Abeba e poi arrivando in Italia, dove oggi corre con la squadra Michela Fanini. Oggi ha 23 anni e la sua è una storia di riscatto.

“Abbiamo già iniziato le riprese – racconta il team di Voglio una ruota – e conoscere Eyerusalem e ascoltare la sua storia è stata un’esperienza intensa e coinvolgente. Man mano che andiamo avanti, si fanno nuovi incontri e si aprono mille strade nuove. Mi piacerebbe poter includere tutti nel progetto, la scelta è davvero difficile.”

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2000 donne in bicicletta a izmir

Cosa fanno 2000 donne in bicicletta a Izmir

2000 donne in bicicletta a izmir

2000 donne in bicicletta a Izmir fanno notizia, soprattutto se la città turca è la capofila di un’iniziativa che ha coinvolto ben 10 città della Turchia con la quarta edizione del cosiddetto “giro in bicicletta delle donne in tiro.” È questa la traduzione letterale del titolo in turco della coloratissima manifestazione, come si vede dallo screenshot da BikeItalia.

Il paese è in procinto di affrontare le elezioni anticipate, il suo presidente si è dichiarato filo-islamico e la guerra è alle porte, eppure le donne della città hanno deciso di affrontare questa situazione in bilico con una giornata di bellezza e vezzi.

Contrastando il grigio delle strade solitamente invase dalle auto e inforcando le loro biciclette adorne di fiori e palloncini, si sono lanciate per le strade della città vestendo abiti coloratissimi, trucco appariscente, capelli al vento e grandi sorrisi.

Lo scopo era quello di riempire la città di bellezza proponendo un modello più sostenibile di vita in città. L’occasione l’hanno fornita anche la settimana europea della mobilità sostenibile e il World Carefree Day.

L’iniziativa è nata quasi per caso dal desiderio di Sema, un’insegnante con il desiderio di organizzare uscite in bicicletta con le amiche, rifiutando l’idea della gara e della competizione che spesso sorge quando in bicicletta vi va con gli uomini. Da lì a creare un gruppo su Facebook per invitare le donne a divertirsi in bicicletta c’è stato solo un breve passo.

Il gruppo via via è cresciuto, le donne che partecipano si spostano in bicicletta per scelta senza rinunciare alla propria femminilità, anzi esibendola. Secondo qualcuno si approfitta dell’idea anche per diffondere un messaggio di libertà che invoca la parità di genere. Qualcun altro ci vede anche un movimento di resistenza contro l’atmosfera di islamizzazione che sta investendo la società turca.

Gli ingredienti del successo ci sono tutti: libertà, spontaneità, rispetto dell’ambiente e voglia di essere se stesse hanno brillato per le strade di Izmir dove le 2000 donne hanno pedalato ripetendo a gran voce “Arabadan in, bisiklete bin” (scendi dall’auto, inforca la bici).

Il sindaco di Izmir, che da tempo cerca di incentivare l’uso della bicicletta in città, ha dato il suo sostegno diretto e ha offerto alle donne che si spostano in bici la possibilità di utilizzare gratuitamente la metropolitana cittadina.

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