Fuocoammare, da Lampedusa a Berlino attraversando il mare

Fuocoammare

Fuocoammare di Gianfranco Rosi trionfa al Festival del Cinema di Berlino conquistando l’Orso d’Oro come miglior film con un racconto che tocca le corde dell’anima e sa essere al tempo stesso di bruciante attualità e di raffinatissima poesia, per ciò stesso sospeso nell’atemporalità.

Il regista e la sua troupe hanno trascorso un intero anno sull’isola di Lampedusa, approdo di migranti, per raccontare l’arrivo dei migranti e la vita del luogo da un punto di vista diverso, più profondo e umano rispetto alle distorsioni televisive.

Rosi lo fa partendo dalle persone, quelle che popolano l’isola e quelle che attraversando il mare e mille pericoli vi giungono o si perdono per sempre tra i flutti. Lo fa sulle note di una vecchia canzone, che si intitola proprio Fuocoammare.

Fuocoammare è un brano strumentale lampadusano con ritmi che richiamano un vecchio fox trot e si ispirano ad un episodio storico avvenuto sull’isola durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, quando una nave militare bruciò al largo di Lampedusa per una notte intera con un incendio che illuminò il cielo per lunghe ore.

Oggi quella storia continua a raccontarla Giuseppe Fragapane, il dj della piccola emittente radiofonica locale e nipote di Pippo che all’epoca quella canzone la suonava. Le parole sono andate perdute, la musica perdura insieme ai ricordi e oggi vi si sovrappongono nuove storie.

Nasce un intreccio che è fatto dalla migliaia di vite che raggiungono le coste e anche da tutte quelle che si perdono nel mare. È una danza di vita e morte che sfiora ma più spesso investe con veemenza le vite di chi nell’isola nasce e cresce, rimanendoci per sempre, mentre passano le vite di chi vi approda solo per ricominciare a viaggiare verso una destinazione ancora lontana e indefinita. È una storia di persone, fatte di sogni ma soprattutto di concretezze. Una storia di mare, orizzonti e terra sotto i piedi, quando si ha la fortuna di arrivarci. Di viaggi, paure e speranze. Di orrore e di umanità.

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