3 donne simbolo della laicità arrestate in Turchia

bandiera turca

Dopo i giorni convulsi immediatamente successivi al golpe, continuano le epurazioni del presidente Erdogan. Le autorità turche infatti hanno emesso un mandato d’arresto per almeno 42 giornalisti, accusati di aver sostenuto la rete di Fethullah Gulen, il religioso esiliato negli Stati Uniti che il governo turco ritiene il responsabile e il mandante del fallito golpe militare in Turchia. Tra questi figurano anche 3 donne simbolo della laicità in Turchia che, sempre secondo il governo turco, avrebbero favorito il golpe. Si tratta di:

Nazi Ilikak

Nota ex parlamentare, giornalista veterana, 72 anni, da tempo aveva assunto posizioni critiche nei confronti dell’operato del presidente Erdogan e della sua squadra di governo. Ilikak infatti, nel 2013 era stata licenziata dal Sabah, quotidiano turco filo-governativo per cui lavorava, dopo aver criticato aspramente alcuni ministri coinvolti in uno scandalo di tangenti, che secondo il governo sarebbe stato orchestrato da Gulen.

Aysegul Sarak

E’ lei il primo rettore universitario con il velo, a capo dell’università Dicle di Diyarbakir. Il suo arresto è solo l’ultimo di una caccia agli accademici che si trascina da settimane. Prima di lei infatti era già stato arrestato
Jule Sarac, rettore dell’università di Dicle, e anche i rettori della Yildiz Technical University e della Gazi Universities sono stati rimossi dai loro incarichi per ordine del governo.

Kerime Kumas

E’ lei l’unica donna pilota da combattimento del Paese, che la notte del golpe avrebbe volato con il suo F-16 sui cieli di Istanbul. La durissima repressione di Erdogan dunque si accanisce anche su alcuni membri delle forze armate, accusati di sostenere Gulen e di aver architettato il golpe.

donne arabe

Le donne arabe e il contratto di matrimonio

donne arabe

Un piccolo ma significativo passo è stato compiuto in Arabia Saudita dove le donne solo da poco hanno potuto essere elette nel corso delle votazioni. Adesso potranno avere anche una copia del contratto di matrimonio e dire la propria, un diritto finora precluso e riservato solo agli uomini.

Le discriminazioni esistenti sono ancora tante e si è ancora ben lungi dal raggiungimento della parità, ma passo dopo passo si sta percorrendo una via che, pur irta di ostacoli, sembra condurre nella direzione di un maggiore riconoscimento di diritti basilari delle donne.

Il ministero della Giustizia del paese ha emesso una recente direttiva che permette alle donne di leggere e approvare il contratto di matrimonio prima delle nozze. Considerando che nei paesi arabi i matrimoni sono un affare commerciale tra famiglie prima ancora che una faccenda d’amore, è un passo avanti importante.

Le donne arabe sono così coinvolte direttamente nella stesura del contratto matrimoniale finora di esclusivo appannaggio maschile. Quanto poi questo coinvolgimento sia attivo è tutto da vedere, naturalmente. Le pressioni che le donne subiscono relativamente al matrimonio, deciso e gestito dagli uomini, sono fortissime e radicate.

Grazie a questo nuovo diritto, tuttavia, le donne potranno dimostrare la validità del matrimonio quando necessario, per esempio in caso di eredità, oltre ad una serie di diritti sanciti nel contratto quali per esempio la possibilità di lavorare e mantenersi nel caso in cui la donna rimanga vedova. Un punto importante visto che in Arabia Saudita le donne vedove spesso restano schiave della famiglia del marito in caso di morte di quest’ultimo. Ciò dovrebbe aiutare dunque a risolvere una serie di controversie, se non a garantire effettivamente diritti estesi.

Questa riforma si inserisce in un processo di modernizzazione più ampio che sta interessando la società saudita ma che è comunque gestito dalla monarchia con forti pressioni dell’ortodossia wahhabita e dunque molto lento e limitato ad aree ristrette della società, specialmente per ciò che riguarda le libertà delle donne.

Photo Credits | Kamil Macniak / Shutterstock.com

Bidhya Devi Bhandari, la prima presidente del Nepal

Bidhya-Devi-Bhandari

Bidhya Devi Bhandari è nata in un piccolo villaggio del Nepal orientale. Quando era bambina vide picchiare una signora anziana dalla folla perché considerata una strega.

Questo episodio segnò profondamente la vita di Bhandari, facendo nascere in lei la voglia di impegnarsi politicamente e di lottare per i diritti delle donne in un paese povero dove erano – e sono ancora in parte – radicati abusi e discriminazioni. Dopo quasi cinquant’anni, Bhandari è diventata la prima donna capo di stato del Nepal.

Qui molte persone pensano ancora che le donne dovrebbero occuparsi solo di lavori domestici. E molte sono ancora maltrattate, discriminate e insultate”, ha detto il nuovo capo di stato alla Thomson Reuters Foundation durante un’intervista.

In Nepal, purtroppo, la situazione delle donne è ancora molto critica: tratta, violenza domestica e stupro sono molto diffusi anche se vengono raramente denunciati. Le donne, inoltre, sono discriminate anche nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro. La condizione può essere migliorata aumentando la loro presenza negli organismi governativi con una rappresentanza istituzionale che si occupi dei loro interessi e diritti.

Bhandhari ha 54 anni ed è una dirigente comunista che si è schierata a lungo dalla parte delle donne, lottando per loro. A fine ottobre, il parlamento l’ha eletta seconda presidente del Nepal. La stessa Bhandari ha affermato che il suo cammino verso la presidenza, in quanto donna, non è stato facile.

Nata in una povera famiglia di contadini in un villaggio del distretto di Bhojpur, è stata da sempre attratta dalle idee della sinistra, entrando nel Cpn-Uml quando era solo una studentessa.

“Mia madre mi diceva di restare a casa e di stare lontana dalla sinistra, perché il regime dell’epoca dava la caccia ai comunisti e li arrestava”, racconta parlando del periodo in cui il Nepal era una monarchia assoluta.

Bhandari ha lavorato clandestinamente per molti anni come attivista politica ed è stata eletta in parlamento solo nel 1993, dopo la morte di suo marito – anche lui in politica –avvenuta in un misterioso incidente automobilistico.

Da quel momento, è stata ministra dell’ambiente e della difesa, impegnandosi sempre per contrastare soprusi e discriminazioni verso le donne.

Per esempio, la norma che garantisce che un terzo dei parlamentari nepalesi sia composto da donne si deve a lei.

“Credo che la condizione delle donne possa essere migliorata solo aumentando la loro presenza negli organismi decisionali e legislativi. Ora bisogna lavorare per portare la presenza delle donne in parlamento e in tutti gli altri organismi politici almeno al 50 per cento. Dobbiamo fare in modo che le donne abbiano sempre più accesso alle attività economiche, al lavoro e all’istruzione” ha dichiarato la stessa Bhandari dopo le elezioni.

Fonte | Internazionale.it

Foto | video indianews.com