Fiat, la lotta operaia contro le tute bianche

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Non esistono più tute blu nelle fabbriche della Fca. Da tempo sono state sostituite da quelle bianche, un cambio voluto dallo stessa dirigenza diversi anni fa.

Gli operai non hanno mai apprezzato la novità e le operaie ancor meno. A scatenare la battaglia sono state proprio le lavoratrice dello stabilimento Fiat di Melfi. Da giorni, infatti, nel sito lucano si discute sul problema delle tute che sembrano essere troppo bianche, motivo per cui molto spesso le donne si ritrovano i pantaloni macchiati di sangue durante il ciclo mestruale.

Come membro del coordinamento donne del sindacato ho ascoltato le lamentele delle mie colleghe e mi sono data da fare. In fabbrica accadono troppi episodi incresciosi del genere, in ogni reparto. Una situazione imbarazzante. Quando si verifica non sappiamo dove andare, visto che non possiamo tornare a casa. Abbiamo dieci minuti di tempo di pausa, ma non ce la facciamo mica ad andare in bagno tutte le volte, dove si accumula la coda delle colleghe, queste le parole di Pina Imbrenda, delegata Fiom nello stabilimento che ha iniziato a raccogliere le firme.

Circa cinquanta i casi simili raccolti dal sindacato nelle ultime settimane: lavoratrici costrette a rientrare in casa a causa della divisa macchiata, o altre colleghe rimaste chiuse in bagno con i pantaloni macchiati in condizioni di estremo disagio. Tutto questo è amplificato dalla posizione lavorativa “Noi facciamo i metalmeccanici, stiamo tutto il giorno in posizioni assurde – spiega l’operaia Pina dopo il turno di notte – perché lavoriamo dentro le macchine, facciamo un lavoro con il corpo piegato dentro le scocche. Diventa facile sporcarsi quando hai il ciclo mestruale. E così scatta un senso di umiliazione. Tutti in fabbrica lo vengono a sapere, qualcuno dei colleghi maschi fa anche il commento stupido tra le auto in fila. Tutto per colpa del pantalone chiaro. Per questo abbiamo deciso di agire cominciando a raccogliere firme per chiedere di cambiare il colore della divisa. Basta, non ce la facciamo più”.

La raccolta firme comprende attualmente la firma di circa 400 operaie (in azienda sono all’incirca 600 donne con contratto a tempo indeterminato su un totale di 8mila dipendenti) che hanno lasciato il loro numero identificativo aziendale, un segnale forte.

Le firme raccolte sono state spedite alla dirigenza dell’azienda Fca di Melfi che lo scorso venerdì ha affrontato il problema durante la commissione con tutte le sigle sindacali. La soluzione è arrivata ed è stata esposta in un comunicato della Fismic nella bacheca aziendale: “Da gennaio in arrivo una culotte da indossare sotto la tuta, per le donne alle prese con indisposizione mestruale”. Una scelta che non è stata condivisa dalle protagoniste di questa vicenda, che hanno paragonata la soluzione alla consegna di un pannolino.

Purtroppo la richiesta comporta una spesa rilevante, in quanto cambiare il colore della tuta comporterebbe adottare tale provvedimento per tutte le sedi dell’azienda. Ma i lavoratori si dicono convinti a risolvere la vicenda.

Su questa storia si sta cominciando a ricamare un po’ troppo. I lavoratori hanno visto questa richiesta delle loro colleghe come un modo per rivendicare una non dovuta esigenza di maggiore spazio. Quella tuta bianca è stata il frutto di una campagna di marketing, ma se l’azienda ascoltasse le esigenze delle sue dipendenti, penso che realizzerebbe una campagna comunicativa ancora più incisiva” – il commento di Roberta Laviano dalla segreteria regionale Uilm.

Foto | video melfi youtube

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Mooncup, tutto quello che c’è da sapere sulla coppetta mestruale

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La Mooncup è la coppetta mestruale realizzata in silicone che arriva in soccorso di tutte quelle donne che, ogni mese, si trovano costrette a affrontare il ciclo. Un prodotto che si sta facendo largo anche in Italia dove sono sempre di più coloro che hanno deciso di affidarsi alla Mooncup perché tanti sono i suoi vantaggi. Ma come funziona la coppetta mestruale? Dove si compra e quanto costa? In questo post ecco tutte le risposte che state cercando!

Ciclo mestruale doloroso, le 5 cause più comuni

ciclo mestruale

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7 cose sapere ciclo mestruale

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Ci sono 7 cose da sapere sul ciclo mestruale che ogni donna avrebbe voluto conoscere prima di avere effettivamente le mestruazioni. E che ancora adesso avrebbe bisogno di sapere, soprattutto nei casi in cui i falsi miti ancora vincono sulla scienza.

slip per le mestruazioni Thinx

Addio assorbenti, arriva lo slip per le mestruazioni Thinx

slip per le mestruazioni Thinx

Le mestruazioni sono un appuntamento tanto costante quanto fastidioso per molte donne che si barcamenano tra assorbenti esterni, tamponi interni, salvaslip e coppette mestruali senza riuscire a risolvere davvero il problema di praticità e igiene e dire addio agli assorbenti. Qualcuno ha provato a proporre una soluzione, lo slip per le mestruazioni Thinx.

Si tratta di uno slip assorbente proposto in vari modelli, colori e grado di assorbenza, che ci libera dall’uso degli assorbenti classici o di altro tipo di protezione quando abbiamo il ciclo mestruale. Lo ha lanciato Miki Agrawal, 36 anni e la volontà di “re-immaginare i prodotti per l’igiene femminile fornendo supporto, comfort, sicurezza e tranquillità.”

Lo scopo era quello di liberarci da una schiavitù che inizia con l’adolescenza e continua per buona parte della vita di una donna, costantemente preoccupata delle macchie, delle perdite, dell’igiene mai perfetta durante quei giorni del mese.

I nuovi slip resistono alle perdite, hanno trattamento antimicrobico e restano asciutti. Sembrano la soluzione a tutti i problemi spiccioli di ogni donna. In verità hanno uno scopo ulteriore rispetto a quello di risolvere la faccenda degli assorbenti. Anzi più di uno.

Si propongono di cambiare il modo in cui le donne vivono le proprie mestruazioni e si preoccupano dell’impatto ambientale eliminando il consumo massiccio di assorbenti esterni e interni. La fondatrice del marchio ha dichiarato a Forbes:

“Voglio cambiare la cultura relativa a quel periodo del mese e non voglio farlo indossando mutandoni da nonna o assorbenti grossi come pannolini.”

In molte parti del mondo, soprattutto in Africa, molte ragazze saltano la scuola durante il ciclo mestruale. Per questa ragione per ogni paio di Thinx venduto Miki ha previsto una donazione ad AfriPads, un’organizzazione che educa le ragazze all’uso di assorbenti economici e riutilizzabili. Inoltre gli slip, pur essendo stati ideati a New York, vengono prodotti in Sri Lanka da comunità produttive composte da donne che così trovano la propria indipendenza.

Gli slip Thinx sono lavabili e riutilizzabili proprio come i pannolini ecologici per i bambini. Ogni paio è stato progettato per durare circa 2 anni con un risparmio economico notevole per non dire della praticità ben diversa rispetto all’assorbente da sovrapporre alla mutandina classica.

Che sia tempo di rivoluzione? Da quando il tampone è stato inventato nel 1931, spiega ancora Miki, non ci sono state altre invenzioni di rilievo nel mondo degli assorbenti igienici femminili, escludendo l’introduzione dell’adesivo e delle ali laterali.

instagram censura mestruazioni

Instagram censura le mestruazioni

instagram censura le mestruazioni

Se Instagram censura le mestruazioni, in un mondo dove l’immagine della donna sessualizzaata viene sfruttata, svilita e sbattuta in prima pagina ogni volta che sia possibile, qualcosa in questo mondo non funziona a dovere. Ne avevamo il sospetto da tempo se non la certezza e lo ha ammesso anche Instagram che si è scusato con Rupi Kaur, protagonista della vicenda, dopo il clamore che la questione ha suscitato sul web con migliaia di condivisioni.

La ragazza, studentessa in Canada, aveva realizzato gli scatti che mostrano una donna con le mestruazioni per un progetto di retorica visiva da presentare all’università. Una di quelle foto era stata pubblicata su Instagram senza violare, apparentemente, alcuna regola: la ragazza è completamente vestita, la foto è di sua proprietà, non attacca nessuno e non è spam. Però in qualche modo creava disagio e numerosi utenti hanno segnalato il contenuto come inappropriato.

Il social network di photosharing ha ritenuto opportuno rimuovere la foto segnalata rispondendo alla cosiddetta intelligenza collettiva su cui si basa il funzionamento di ogni social network e in generale di ogni comunità online: è il controllo reciproco a determinare il rispetto delle regole.

Un controllo “naturale” che potrebbe sembrare giusto in linea teorica ma che in pratica provoca spesso scivoloni colossali come questo. La conseguenza più grave non è il singolo atto di censura ma la tendenza ad appiattire ogni differenza culturale che determina la diversa percezione del mondo e dovrebbe essere una ricchezza da conservare.

Rupi ha ringraziato ironicamente Instagram per aver censurato la sua foto dimostrando che il suo lavoro, che non aveva alcun intento provocatorio, è capace di suscitare reazioni. Né poteva essere altrimenti in un mondo che usa l’immagine della donna a piacimento onde poi scandalizzarsi per un fenomeno tanto naturale quanto il ciclo mestruale che, spiega ancora Rupi, è ciò che rende possibile la vita stessa.

Dire che Rupi Kaur ha riscattato la dignità delle donne sarebbe esagerato perché la vicenda che l’ha vista protagonista rimarrà solo una goccia nel mare, però ha indubbiamente portato l’attenzione del mondo su una questione importante e Instagram non ci ha fatto una bella figura. L’imbarazzo però è durato poco. Instagram ha ripubblicato la foto e si è scusato “per il disagio creato” cose si fosse trattato di un semplice disservizio tecnico e non di un’azione culturale con ripercussioni profonde.

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