Siria, allarme attacco chimico: l’Ong accusa il regime di Assad

C’è più di un sospetto che siano state impiegate delle armi chimiche sui ribelli della Ghouta orientale, in Siria. È stato l’Osservatorio nazionale siriano a lanciare l’accusa, mettendo in evidenza come ci siano ragionevoli dubbi che il regime siriano abbia di fatto organizzato un attacco chimico a base di cloro su Al-Shifuniyah.

Le Ong (del cui operato si è parlato molto in questi giorni, anche nel sito web dell’On.Bertot) hanno sottolineato come un buon numero di civili presentava dei chiari sintomi di soffocamento, mentre un bambino ha perso la vita. Per il momento, però, non c’è alcuna notizia certa su come siano avvenuti i raidi chimici, così come quali tipologie di armi chimiche siano state utilizzate.

Secondo, invece, il ministro degli Esteri della Russia, Serghiei Lavrov, si tratta di notizie prive di fondamento. O, meglio, realizzate ad arte con l’intento di seminare zizzania e danneggiare la tregua imposta dalla risoluzione firmata all’unanimità dall’Onu.

È vero, però, che la situazione nella Ghouta orientale è più che mai drammatica e necessita di un intervento immediato delle organizzazioni umanitarie per dare supporto ai civili, ormai disperati. La risoluzione deve essere attuata subito e fatta rispettare.

Eppure sembra che la situazione sia ancora lontana da una minima stabilità di pace. Infatti, sono almeno 25 i civili, compresi ben sette bambini, che hanno perso la vita per colpa di un attacco portato a termine da parte della Coalizione internazionale capeggiata dagli Usa. L’intento era quello di colpire una zona del territorio siriano, più precisamente nella parte ad est del paese, ancora in mano all’Isis.

Nello stesso momento, le forze speciali turche hanno fatto irruzione nella zona curva di Afrin, collocata più o meno nella zona a nord-ovest della Siria, che sta subendo attacchi da parte di Ankara da più di una trentina di giorni. L’obiettivo di queste truppe sarà tendenzialmente quello di evitare che si possano realizzare delle infiltrazioni di combattenti curdi appartenenti all’Ypg, per poi sferrare l’attacco decisivo al centro storico di Afrin.

L’Ilva e il fiume rosso diventato virale

“Profondo rosso a Taranto”. No, non è il titolo di un sequel di Dario Argento, troppo impegnato a proteggere la figlia Asia dal Mossad, ma lo strillo di alcuni giornali on line che hanno pubblicato l’immagine di un fiume rosso davanti all’Ilva. La “pozzanghera rossa” che testimonierebbe l’eccessiva presenza di minerali nei pressi dello stabilimento non è la prima volta che appare sui social network: facendo una breve ricerca, si scopre che un’immagine simile circolava già nel 2013. Stavolta invece è stata la pagina “Solo a Taranto” a diffonderla, assicurando che quella foto è della giornata di ieri, caratterizzata da forti precipitazioni e conseguenti disagi che hanno paralizzato l’intera città di Taranto. Anche in questo caso, però, la principale accusata è diventata l’Ilva, a causa di quell’immagine che ha fatto il giro del web. Soltanto la foto originaria pubblicata dalla pagina “Solo a Taranto” ha collezionato oltre 1200 condivisioni in sole sei ore.
Secondo alcune fonti vicine all’azienda, l’area in cui si è verificato il fenomeno è completamente impermeabilizzata e circoscritta da appositi cordoli che hanno la funzione di prevenire potenziali sversamenti di materiale residuo che può depositarsi durante le operazioni di carico-scarico”.
L’azienda quindi si è attivata subito per far fronte all’emergenza, riscontrando però notevoli difficoltà a causa dell’eccessivo accumulo d’acqua. Le stesse difficoltà, peraltro, che hanno contribuito a paralizzare l’intera città, a partire dalla viabilità.
La stesse fonti vicine all’azienda fanno sapere che a causa dei fenomeni atmosferici particolarmente intensi che hanno insistito su Taranto negli ultimi giorni, l’acqua si è accumulata in quantità straordinaria.
Già nel fine settimana, l’azienda si è attivata tempestivamente richiedendo l’intervento di una ditta autorizzata per aspirare l’acqua in eccesso. Nella sola giornata di oggi ne sono state rimosse circa 100 tonnellate. L’attività di rimozione e monitoraggio sta continuando e proseguirà anche nelle prossime ore.

Come stirare rapidamente, ma senza rovinare i tessuti? Scopriamo come fare

Le attività domestiche sono sempre numerose e spesso c’è fin troppo poco tempo per svolgere le classiche faccende di casa. E tra queste non può che rientrare quella di stirare i capi d’abbigliamento. Tra l’altro, è anche uno di quei lavori casalinghi che occupano molto tempo e che comportano un po’ di fatica. Stirare velocemente e con maggiore cura, però, deve essere l’obiettivo di ciascuna persona che spesso durante la settimana deve svolgere questa faccenda domestica.

Trascorrere l’intera giornata in compagnia del proprio ferro da stiro per alcune persone può diventare un vero e proprio incubo, ma ci sono alcuni utili accorgimenti che permettono non solo di risparmiare tempo, ma anche non sprecare troppa energia. La prima cosa da fare è chiaramente quello di acquistare dei modelli adeguati alle proprie necessità (provate a chiedervi quante volte stirate in una settimana) e anche al proprio portafogli. Ad esempio, i ferri da stiro Philips, grazie alla loro tecnologia avanzata, consentono di ottenere risultati ottimi senza fatica, e senza neanche rovinare i capi.

Nel momento in cui si comincia a stirare ci sono diversi suggerimenti da seguire. Ad esempio, è sempre meglio iniziare nel momento in cui il bucato risulta ancora umido, in modo che le fibre dei tessuti reagiscano meglio all’azione del vapore. I movimenti circolari? Vi faranno solamente perdere tempo e si corre anche il pericolo di allungare il tessuto. La parte piana di ciascun capo d’abbigliamento dovrebbe essere lasciata per ultima, puntando prima a stirare i vari particolari. E i bottoni? È meglio evitare di far passare il ferro caldo su di essi, dati i rischi connessi al calore. Particolare accortezze vanno prestate con i capi in lana e velluto, ma più in generale con tutti i tessuti delicati. Devono sempre essere stirati al rovescio. Quando i vestiti si sono asciugati, meglio procedere alla stiratura solamente dopo aver posto un panno umido sotto al ferro.

Ilva di Taranto: la copertura dei parchi minerari e’ finalmente realtá

Dopo le parole, arrivano i fatti. Manca poco alla copertura dei parchi minerari dell’ILVA. La situazione è destinata a sbloccarsi dopo il via libera del Ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che ha dato istruzione ai Commissari Straordinari di ILVA  Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba di avviare i lavori di copertura dei parchi minerari.

La prima fase consisterà nella rimozione dei cumuli e altre misure propedeutiche. Secondo le previsioni, dovrebbe terminare entro gennaio 2019, dopodiché il cantiere sarà avviato per concludersi entro altri 36 mesi. L’intervento verrà realizzato sulla base del  progetto, già approvato e appaltato dall’Amministrazione Straordinaria, che l’investitore  Am  InvestCo Italy  ha  incluso  nel  piano ambientale approvato con il DPCM del  29  settembre 2017.

Proprio la disponibilità del nuovo investitore, Am InvestCo Italy, a mantenere il progetto originario dell’Amministrazione Straordinaria, già predisposto e approvato, si è rivelata decisiva per anticipare i tempi evitando lungaggini burocratiche. Ora i Commissari Straordinari potranno utilizzare i fondi sbloccati dal governo per finanziare il progetto, rivalendosi poi sul nuovo investitore che, come previsto nel contratto sottoscritto con l’Amministrazione Straordinaria, dovrà sostenere i costi per la realizzazione dell’opera.

La città di Taranto aspettava da tempo questa notizia e proprio il malcontento degli ultimi giorni, causato dalle polemiche per il Wind Day e la chiusura delle scuole, ha convinto tanto il ministero quanto i Commissari Straordinari e il nuovo investitore a fare i passi necessari per sbloccare in anticipo l’iter della copertura dei parchi minerari. Forte della disponibilità dell’azienda, il Ministero si è preoccupato di sbloccare i fondi per l’Amministrazione Straordinaria e autorizzare l’avvio dei lavori. Un’autorizzazione che è ufficialmente arrivata il 7 novembre.

I lavori, quindi, inizieranno e si concluderanno in anticipo persino rispetto agli stessi auspici del Ministero e dei Commissari Straordinari dell’Ilva. Probabilmente non basterà a spegnere le polemiche, ma si tratta di un deciso passo in avanti.

Taranto accontentata: Ilva anticiperá la copertura dei parchi minerali

Il Wind Day, le scuole chiuse, le polemiche sulle polveri sottili che hanno invaso il quartiere Tamburi di Taranto, la foto provocatoria di un bambino con la maschera antigas pubblicata dal governatore pugliese Michele Emiliano. Tutto questo, a quanto pare, è servito a sbloccare l’iter per la copertura dei parchi minerali dell’ILVA, che potrebbe essere accelerata e avvenire in anticipo rispetto alle tempistiche previste dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per evitare che a Taranto succeda ancora quello che è capitato giorni fa con una coltre di polveri neri che ricopriva la città, il Mise, d’intesa con l’Amministrazione Straordinaria, sta valutando la possibilità di anticipare i tempi per la copertura dei parchi principali, ancor prima dei tempi previsti dal Dpcm ambientale” recita una nota Ansa che cita “una fonte presente al Tavolo”. Si tratta, sempre secondo l’Ansa, di un investimento di circa 400 milioni a carico di Am InvestCo, la nuova società. Soldi che però dovranno essere anticipati dall’Amministrazione Straordinaria. “Per accelerare i tempi e slegarli dalla tempistica della procedura di trasferimento degli asset, l’ipotesi è di anticipare sia i lavori sia l’investimento finanziario necessario che verrebbe anticipato dalle casse dell’Amministrazione Straordinaria che poi si rivarrebbe su Am InvestCo”.

L’Agi spiega: “Am Investco ha intanto dichiarato che coprirà i parchi in 36 mesi di lavori a partire dall’effettivo subentro in azienda. In sostanza, i commissari anticiperebbero con i fondi ottenuti dalla transazione con i Riva, i soldi per la copertura, in modo da avviarne la cantierizzazione, con l’obbligo di Am Investco di restituire poi l’anticipo. I commissari col miliardo e 100 milioni ottenuti devono infatti fare interventi di bonifica esterni al perimetro ILVA, mentre tutta la parte interna spetta alla società di Mittal e Marcegaglia. 

La necessità di anticipare e accelerare la copertura dei parchi minerali è stata sollecitata con insistenza da Taranto soprattutto dopo quanto accaduto la scorsa settimana quando il forte vento ha disperso sul rione Tamburi ingenti quantità di polveri minerali e industriali che si sono sollevate proprio dai parchi”.

L’Ilva di Taranto: “Sino al 2014 tutto fermo per la copertura dei parchi minerari”

Cosa sta succedendo a Taranto? Se lo chiedono in molti, non solo i residenti del capoluogo di provincia pugliese. Bambini con la maschera antigas, fumi tossici, inquinamento, scuole chiuse, “Wind day”. Uno scenario catastrofico creato in parte dal clamore dei media.

Nessun bambino, ad esempio, gira con la maschera antigas a Taranto, ma la suggestione nell’opinione pubblica creata da una foto pubblicata da Michele Emiliano, presidente della regione, ha fatto credere all’inverosimile.
Per l’azienda è venuto il momento di fare chiarezza e anche rivendicare i meriti dell’Amministrazione Straordinaria.

Dal 2014 ad oggi tante cose sono cambiate, anche se media e opinione pubblica sembrano non essersene accorti.  “Sino al 2014 – osservano ad esempio fonti vicine all’Amministrazione straordinaria dell’ILVA – sulla copertura dei parchi minerali era praticamente tutto fermo. Non mancavano solo i soldi, ma non c’erano tante altre cose. Da lì si è poi snodato un iter che, sia pure nella sua complessità, è approdato al risultato complessivo di avere sia le autorizzazioni pronte, sia il progetto approvato con decreto del ministro dell’Ambiente, sia l’investitore che mette le risorse per fare l’intervento. L’ILVA in Amministrazione Straordinaria ha pagato anche gli oneri di urbanizzazione al Comune di Tarantofanno sapere le fonti citate dell’Agi, che aggiungono “il decreto del ministro è un’autorizzazione a tutti gli effetti ottenuta grazie al meccanismo delle conferenze dei servizi. Tant’è – aggiungono le stesse fonti aziendali – che là dove non è stata seguita questa strada ma si è andati attraverso il Suap del Comune, si veda l’edificio per i filtri a manica dell’agglomerato, l’iter è stato ancora più complicato ed ha richiesto anche un passaggio in Consiglio comunale”.
Continua l’azienda: “Poi non dimentichiamo che affrontare tutta la parte preliminare alla copertura dei parchi, tra cui la caratterizzazione dell’area e la gestione dei cosiddetti fondi scavo, ovvero là dove si perfora il terreno per le analisi, non è stato per niente facile e solo l’ultimo Dpcm ha definitivamente sbloccato una serie di protocolli operativi che erano rimasti in sospeso”. “Infine – chiosano sempre fonti vicine all’Amministrazione Straordinaria – non dimentichiamo che Am Investco ha accettato il progetto che c’è già, e questo non comporterà altre lungaggini, mentre Acciaitalia proponeva un suo progetto, il che avrebbe comportato rifare l’iter burocratico“.

Accuse Infondate Sull’ilva Di Taranto

Dall’inizio dell’amministrazione straordinaria a oggi, ILVA ha sempre ottemperato agli obblighi normativi con i Comuni di Taranto e Statte relativi ai contributi per le attività di pulizia e ristoro ambientale. L’azienda ha versato complessivamente al Comune di Taranto circa 600.000 euro e ha già predisposto il pagamento di ulteriori 170.000 euro, mentre al Comune di Statte ILVA ha versato complessivamente circa 95.000 euro e ha predisposto il pagamento di ulteriori 120.000 euro”.
Parole nitide e chiare quelle dell’ILVA di Taranto, che in una nota ANSA risponde così alle polemiche e accuse che hanno investito l’azienda.
Un vero e proprio tsunami che ha travolto il più grande stabilimento europeo per la produzione dell’acciaio per giunta nel momento più delicato, mentre l’azienda sta trattando con governo e sindacati per la delicata questione degli esuberi.
Recentemente, l’ILVA di Taranto era stata accusata anche dai sindacati per la presunta mancanza di un impianto di aspirazione e le insufficienti procedure per la tutela della sicurezza e della salute degli operai, ma anche in questo caso le accuse si sono rivelate infondate: l’impianto di aspirazione è infatti presente e funzionante.
L’azienda ha voluto ribadire il proprio impegno a tutto tondo, non solo nell’ottemperare agli obblighi normativi relativamente al ristoro ambientale. Nel comunicato si legge anche: “Per quanto riguarda la realizzazione della copertura dei parchi minerari, durante l’Amministrazione Straordinaria sono stati completati tutti i lavori di caratterizzazione propedeutici alla realizzazione del progetto e sono state ottenute tutte le necessarie autorizzazioni tecnico-amministrative dagli enti locali coinvolti nel processo”.
Infine, una chiosa sugli impegni per il futuro: “Il nuovo investitore, – ribadisce l’ILVA – anche per ridurre i tempi di realizzazione dell’intervento, ha accettato di proseguire con il progetto messo a punto durante l’Amministrazione Straordinaria e si è impegnato a terminare i lavori nel rispetto dei tempi previsti dal nuovo piano ambientale”.

Tribunale dell’Aquila non fa sconti: ex banchieri di Tercas condannati ad un super risarcimento

Un risarcimento che ha assunto dei veri e propri contorni da record. Probabilmente non se lo sarebbero mai aspettati nemmeno nei loro peggiori incubi Antonio di Matteo e Claudio di Gennaro. Si tratta di due ex banchieri della Cassa di Risparmio di Teramo, che sono stati appena condannati dal Tribunale dell’Aquila ad un super risarcimento che sfiora i 400 milioni di euro, che dovranno restituire alla Banca Popolare di Bari.
Una causa civile che ha preso il via grazie all’impulso dell’istituto pugliese, che decise di portare l’azione di responsabilità nei confronti dei due ex amministratori di Tercas dai commissari.

E la sentenza è arrivata ed è chiaramente clamorosa, dal momento che crea un precedente davvero molto importante, anche da prendere come esempio per tutte le altre banche che hanno fatto crac in questo modo. L’importo che Di Gennaro e Di Matteo dovranno restituire all’istituto creditizio barese è rispettivamente di 172 e 192 milioni di euro. Sommati, fanno la cifra record di 368 milioni di euro.

Nel 2013 la Popolare di Bari aveva rilevato la Cassa di Risparmio di Teramo: una scelta che è pesata notevolmente a bilancio, ma che ha portato la Popolare ad intentare la causa contro i due amministratori. Ed oggi è arrivata la sentenza che le dà ragione, con i giudici del Tribunale dell’Aquila che hanno messo con le spalle al muro Di Matteo e Di Gennaro.

Per quanto riguarda proprio Antonio Di Matteo, il Tribunale abruzzese ha riconosciuto la responsabilità in riferimento ad un buon numero di irregolarità, tra cui spiccano le perdite su credito e le varie operazioni messe in atto su azioni proprie. Emerge con grande intensità una negligenza decisamente grave nella concessione dei fidi, in modo particolare quelli rivolti ai gruppi De Gennaro, Di Mario e Isoldi. E non sono certamente da meno i 10 milioni di euro lasciati per strada con il Gruppo Samorì.