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Voglio una ruota, un documentario sulle donne in bicicletta

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Voglio una ruota lancia una campagna di crowdfunding per realizzare un documentario sulle donne e la bicicletta, su come questi due mondi si sono incontrati e amati, si sono cambiati e a vicenda e hanno modificato la percezione delle donne, della loro libertà, della loro forza. Nonostante ciò, ancora oggi in molti paesi per le donne è disdicevole inforcare una bici e nel mondo dell’agonismo le cicliste sono classificate come dilettanti.

Cos’è Voglio una ruota

Per raccontare una lunga storia di confronto e incontro, e per cambiare un po’ anche il futuro, la squadra di Voglio una ruota ha deciso di investire sulla partecipazione delle persone che credono nel valore della bicicletta, come mezzo di trasporto ma anche come strumento di emancipazione e libertà.

Lo scelta del crowdfunding è la voglia di riuscire a rimanere un progetto indipendente. C’è tempo fino al 16 Novembre per raggiungere l’obiettivo e realizzare il documentario sulle donne in bicicletta che avrà tecnica mista, con animazioni e interventi delle donne che oggi stanno cambiando il mondo del ciclismo al femminile.

“Non regalatemi dei fiori, voglio una ruota”

Questo è lo slogan della campagna scelto da Antonella Bianco, la regista del documentario, insieme al suo team. È una storia d’amore quella che il film si propone di raccontare e che la campagna ha già iniziato a farci scoprire.

Una storia che inizia nell’Ottocento, quando la bicicletta fu inventata. Era un periodo di grandi progressi tecnologici e la bicicletta divenne subito un simbolo di libertà. Le donne all’inizio ebbero vita dura, non era facile pedalare con le grosse gonne dell’epoca e veniva considerato oltremodo sconveniente. L’emancipazione femminile aveva trovato il suo primo strumento di lotta.

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Una storia di donne

Questa storia, con le sue storie, vuole rendere giustizia alle donne cicliste che stanno lottando per cambiare questa percezione riduttiva della loro passione, per rivendicare il diritto a far girare le proprie ruote in completa libertà.

“Non bisogna andare troppo lontano per capire che la parità dei diritti è ben lontana persino in Occidente – dice Antonella Bianco – in cui il ciclismo femminile è visto come uno sport minore rispetto a quello maschile. In Italia, per esempio, non esiste una legge che riconosca le donne atlete come professioniste, con tutta la disparità economica e sociale che ne consegue. Ragazze che vincono medaglie d’oro in competizioni internazionali gareggiano come dilettanti.”

Le testimonianze

Nel documentario saranno presenti le testimonianze di molte donne che hanno fatto della bicicletta il fulcro della loro vita, diventando simbolo stesso del ciclismo al femminile oltre che di affrancamento da invisibili ma tenaci barriere culturali.

C’è la storia di Edita Pučinskaitė, unica donna ad aver vinto Giro d’Italia, Tour de France e Campionati del Mondo. C’è quella di Paola Gianotti, che ha compiuto il giro del mondo in bicicletta polverizzando il record precedente. E avete mai sentito parlare della storia delle ragazze egiziane del gruppo GoBike del Cairo? Ogni giorno sfidano i pregiudizi del loro paese che ritiene sia inappropriato per una donna andare in bicicletta.

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Eyerusalem Dino Keli

E poi c’è Eyerusalem, giovane e promettente ciclista etiope che contro il parere della famiglia ha tenacemente inseguito il suo sogno, ad appena 13 anni, prima fuggendo ad Addis Abeba e poi arrivando in Italia, dove oggi corre con la squadra Michela Fanini. Oggi ha 23 anni e la sua è una storia di riscatto.

“Abbiamo già iniziato le riprese – racconta il team di Voglio una ruota – e conoscere Eyerusalem e ascoltare la sua storia è stata un’esperienza intensa e coinvolgente. Man mano che andiamo avanti, si fanno nuovi incontri e si aprono mille strade nuove. Mi piacerebbe poter includere tutti nel progetto, la scelta è davvero difficile.”

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