In Cina spopola il facekini e la religione non c’entra niente

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Dopo quel che è successo sulle spiagge francesi con il divieto – e la conseguente multa – per le donne musulmane di indossare il burquini, si è scatenata una bagarre mediatica contro i divieti islamici che impongono alla donna di non mostrarsi in pubblico. E se invece fosse una libera scelta come per il facekini cinese?

In Francia, sull’onda della lotta al terrorismo, sono stati emanati dei comunicati locali che introducono il divieto di andare in spiaggia con il burquini (o burkini che dir si voglia). I moralizzatori del web hanno colto la palla al balzo per additare la cultura islamica tacciata di essere oppressiva e repressiva nei riguardi delle donne. In realtà oltre alle questioni culturali e igieniche ci sarebbe da precisare qualcosa sul capo d’abbigliamento in questione.

Il burkini, infatti, è simile ad una muta – che non sembra essere vietata sulle spiagge – ma è costruito con un tessuto più leggero e fornisce alle donne la libertà di scendere in spiaggia. Con costumi succinti, probabilmente, le donne musulmane non si troverebbero a loro agio e non sarebbero altrettanto libere di farsi un bagno refrigerante.

Detto questo bisogna precisare che la bagarre mediatica è forse il frutto di un’islamofobia crescente visto che in altre zone del mondo si usano costumi molto più coprenti, molto meno belli e senza alcun dettame religioso imposto. Con questo discorso ci riferiamo al facekini cui i media – forse un po’ smemorati in questo frangente – hanno dedicato ampio spazio dal 2014 in poi. Il facekini è un costume coprente, usato in Cina, che tiene al riparo dal sole anche il volto perché in Cina è apprezzata la donna dal volto bianco e pallido mentre è considerata antiestetica ogni forma di abbronzatura. In realtà questa moda, secondo molte fonti, sarebbe nata per proteggersi da meduse molto aggressive: i cinesi hanno prima pensato di riparare il volto dall’attacco di questi animali e poi ci hanno costruito una moda intorno che nel 2004 è stata definita di tendenza.

E allora in questo caso, con chi ce la prendiamo? Con chi definisce i canoni estetici o li impone? Con chi vuole difendersi dalle meduse? Anche in questo caso si deve parlare di restrizione della libertà?

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